CRONICHE POST SOVIETICHE (Dall Ucraina Marchino con Amore)

Il compagno squolaro Marchino, primo badante italiano in Ucraina, invia il suo particolare e corrosivamente introspettivo “reportage” dall’Ucraina. Una cultura e una civiltà entrata sommessamente nelle nostre case, nei nostri parci, eppure cosi esclusa dalla vita civile e sociale di questo paese…che abbiano inizio le CRONACHE POST-SOVIETICHE..

Amiche e amici, anche qui è arrivato l’autunno. Era ora.

L’aria è frizzantina e finalmente le ragazze non vestono più con quelle minigonne e canottiere striminzite, non si suda più e le zanzare sono emigrate altrove. Si dice che se piove il primo di settembre, l’inverno sarà lungo e freddo,  ma qui di pioggia – da quando sono qui – neanche l’ombra. Tra un po’ il clima mediterraneo arriverà fin quassù, ho visto piante di pomodori alte tre metri, che da noi ormai ce le sogniamo. C’è poco da scherzare, a dire il vero, perché basta un attimo e l’inverno arriva, e non sarà una passeggiata.

Intanto ci si gode l’autunno, il verde non manca da queste parti, a ottobre ci saranno dei colori strepitosi. Tra le poche cose buone dell’era brezneviana ci sono queste grandi aree verdi in ogni città. Venire qui, sedere su una panchina a godersi un po’ di sole e guardare il mondo passare è veramente piacevole, e basta fare pochi passi per raggiungere un parco.

E’ anche il tempo delle confetture e dei succhi, tutti che trafficano per riempire i vasi per l’inverno. (Vaso di vetro in russo si dice bank, infatti è il posto dove dicono che chi ha qualche copeco lo mette al sicuro – in bank, ah ah, humour sovietico). Di banche, d’altronde, ce ne sono tantissime, nascono come funghi (e come funghi evaporano), vuote di clienti e, probabilmente, di risparmi.

Ora vado a fare delle foto – di quelle inutili – alle foglie colorate. Saranno inutili, ma mi piace così.

Alla prossima

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Se qualcuno fosse preoccupato circa il mio nutrimento, comunico che mangio regolarmente e abbondantemente!

Qui è uso cucinare tre volte al dì, in particolare la colazione è bella sostanziosa, oltre al tè o caffè si fanno cereali con carne o pesce. Tra i cereali, il re indiscusso è il grano saraceno, forse il cibo più tipico tra il Danubio e gli Urali. Devo dire che all’inizio mi faceva alquanto schifo, ma col tempo si sa ci si abitua, e ora devo dire che è quasi buono (tra l’altro è estremamente nutriente).

La cucina italiana non mi manca, qui la pasta è genericamente chiamata makaroni, non sa di niente e fa tristezza a guardarla troppo a lungo nel piatto (come ovunque oltre l’arco alpino). Le pizze somigliano sufficientemente alle nostre, se non fosse per l’ignoranza del concetto di mozzarella, il cui sostituto reclama  vendetta, o perdono, a seconda dello stato d’animo.

Ogni giorno è regola cibarsi di zuppe, d’estate o d’inverno non cambia. Le verdure sono molto buone, la frutta ottima, i dolci non male, i formaggi fanno pena. Dilaga l’uso sfrenato della panna acida – smetana – su qualsiasi piatto, che sia caldo o freddo, dolce o salato. Con un euro si comprano 12 chili di patate, o 3 litri di latte. La sopravvivenza quindi per il prossimo quinquennio è garantita. Se il vino è di pessima qualità, ci si può consolare (faccio per dire) con delle decenti birre e buoni liquori. Evito di citare la vodka, il cui solo evocarla mi fa venire un cerchio alla testa.

Comunque vada, auguro a tutti buon appetito!

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Vivere in queste lande lontane è un po’ come fare un tuffo nel passato.
Sì, ci sono le città piene di cianfrusaglie cinesi invendute, ma qui è come se il tempo fosse fermo a qualche decennio fa, specialmente nei villaggi e nelle campagne. Automezzi, ciclomotori, veicoli a trazione varia costruiti quando io ero bambino (o anche prima) circolano ancora tranquillamente.
Ogni possessore di macchinario più che essere un decente automobilista è un ottimo meccanico. Forse solo i cubani li battono, su questo terreno. Nei mercati quelli che fanno più affari sono quelli che trafficano in pezzi di ricambio. Lada, Moskvitch, Gaz, Volga, Zaz sono le marche ancora in voga, anche se a me sembrano tutte uguali, simili alle nostre vecchie 124. Ma io non faccio testo, sono  a livello zero in cultura automobilistica.
Trovare un posto per parcheggiare è semplice, e nessuno strombazza allegramente come da noi, fosse anche per salutare un amico. E poi – uno dei segni di civiltà del nostro tempo – si fermano sulle strisce pedonali!

L’aspetto più evidente è però il traffico modesto, non paragonabile con quello delle nostre città. D’altra parte, non tutti possono permettersi di comprare un’auto, seppure cinese. Allora, tutti a piedi, o al massimo sui mezzi pubblici. Anch’essi d’annata, come le ambulanze, i furgoni del latte, le macchine dei militari…

Alla prossima!

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Queste che una volta erano le repubbliche socialiste, ora sono rimaste repubbliche burocratiche. La burocrazia è un magma che avvolge tutto e tutti, e regola ogni movimento o situazione sociale.
E’ il paradiso delle scartoffie e dei faldoni, delle carte bollate e delle doppie copie, degli avvisi sulla porta e dei “ritorni domani”. Degli impiegati sempre affaccendati e sempre sgarbati. E’ un meccanismo certamente imperfetto – perchè fuori dal tempo e dalla logica – ma dentro il quale tutti nuotano con rassegnazione e fatalismo.
Tutto ciò serve ovviamente ad oliare una corruzione gigantesca, ad ogni livello e dietro ad ogni scrivania. Dalla scatola di cioccolatini per l’usciere su su fino alle mazzette milionarie per il presidente mafioso.
Regnano anacronistici i simboli del potere che durano nel tempo: la macchina dattilografica, la carta carbone, il timbro, il fax malefunzionante…
Per i sudditi, rassegnati e mesti, tutto fa parte del paesaggio, immutabile nella sua normalità. Come il tramvai, la borsa della spesa, o la tosse.

Oggi voglio parlare di un tafano. Il tafano è il titolo di un romanzo che durante il periodo sovietico qui era molto popolare, anche perchè la sua lettura era obbligatoria a scuola. Il libro fu scritto da una sconosciuta autrice irlandese moglie di un polacco, Ethel Lilian Voinic, ed è ambientato nella Romagna pontificia (a Brisighella!) del primo Ottocento.
Ci si potrebbe aspettare un romanzo ultra-cattolico, e invece no. Parla di aspirazione di libertà, e di un rapporto estremamente inquieto con la religione. Il tafano è il soprannome del tormentato protagonista.
La lettura marxista se ne appropriò subito, sottolineando le aspirazioni rivoluzionarie ed enfatizzandone l’ateismo. La cosa per me sorprendente, e per questo mi ha colpito, è che da noi è un libro completamente sconosciuto, mentre in questi paesi oltre cortina è come i nostri Promessi Sposi.
Ne hanno fatto diverse trasposizioni cinematografiche. L’altro giorno l’hanno dato in tv per l’ennesima volta: diciamo subito che è un polpettone indigeribile, pieno di retorica e di disgrazie, con gli italiani dipinti sempre come impulsivi e passionali, e una trama risibile (il Tafano è figlio di un cardinale, ma non lo sa…).

Ne scrivo ora, ma so già che questa cosa mi rimarrà impressa quanto la lettura dei Promessi Sposi fatta da un uzbeko

Da svidania!

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Nel giorno delle elezioni qui in Ucraina dovrei parlare di politica. Non c’è molto entusiasmo da queste parti, e posso capirlo.
Le città in questi giorni sono piene di gazebo colorati, uno di fianco all’altro per ciascun partito, come a Giochi Senza Frontiere.
In confronto con la vicina Bielorussia, è una pacchia. Nessun volontario, naturalmente, i giovani e i pensionati sono tutti pagati. L’unica ragione che fa scendere da letto la gente la mattina sono i soldi.
Rivincerà il partito blu, quello del presidente (un omaccione amico degli oligarchi e – poco ricambiato – di Putin) e per la gente la vita non cambierà molto. In teoria il suo partito è di sinistra, in realtà è un conservatore, alleato con i comunisti (cioè gli ultra-conservatori). Certo di là ci sono quelli che voglio più liberismo, e ancora più in là quelli che non vogliono più gli immigrati.
Il Paese è troppo esteso per decidersi tra la UE o la Russia, e finisce per rimanere insabbiato.
Tra le conseguenze più gravi del periodo comunista, l’idea che il partito serve solo per far carriera, o ricevere favori. Ragion per cui le ideologie vanno a tranquillamente farsi friggere. Di fronte alla mia finestra c’è un edificio chiamato Partizan, ma è solo il nome di un pub.

Sul piano dei diritti civili e sociali, sulla sensibilità ambientalista, sull’emancipazione della donna, sull’associazionismo siamo in ritardo di decenni. Il sistema di potere è composto da un comitato d’affari che regola i rapporti tra gli oligarchi, orizzontalmente, e gestisce la burocrazia, nel verticale. E’ come se avessero ereditato insieme il peggio di Breznev e  il peggio di Eltsin.
Altro lascito dell’era sovietica è infatti la corruzione, a livello dei paesi africani. In tutte le ex-repubbliche, tranne quelle baltiche e, in misura minore, in Moldavia.
Mi chiedono della situazione in Italia. Ma come glielo spiego io Berlusconi, o Grillo?

Nella strada dove abito c’è una vecchia chiesa ortodossa. Durante il periodo sovietico qualcuno giudicò che era stata costruita nel posto sbagliato: proprio lì era infatti più logico che passasse una strada di collegamento fra la piazza del mercato e il viale principale. Risultato: la chiesa fu divisa in due, un pezzo di qua e un pezzo di là, con in mezzo una strada che si chiama tuttora Komsomolska (gioventù comunista) e a nessuno è venuto in mente di cambiarne il nome.

La presenza della religione non è così forte (se non opprimente) come da noi. La maggior parte della gente è atea, e le chiese sono raramente frequentate. Dopo la caduta dell’Urss è nata la chiesa ortodossa ucraina, che ce l’ha a morte con quella russa perchè si è presa gli edifici migliori nel momento della spartizione. I politici, specialmente durante la campagna elettorale,  fanno a gara per farsi vedere con questi pretoni, che rappresentano comunque un elemento di tradizione. Anche quell’omone del presidente (noto ateo e , secondo me, grande bestemmiatore) è stato ripreso con in mano una candelina e lo sguardo contrito, nella penombra di chissà quale chiesa.

Se qui non sono molto religiosi, non mancano comunque le superstizioni, o le false credenze, come in qualsiasi altro posto del mondo. Oltre quelle comuni, è curioso che è vietato posare il cappello, i soldi o il mazzo di chiavi sul tavolo da cucina. Si pensa che una semplice corrente d’aria può portare a un’insufficienza renale, o all’infertilità. E’ vietato raccogliere le briciole di pane dal tavolo solo con la mano. Per me la superstizione più curiosa è quella secondo la quale è assolutamente proibito fischiare dentro casa, perchè richiama gli spiriti maligni…

Insomma, magari non ci crederanno molto alla resurrezione della carne, o al diluvio universale, ma di fissazioni con le quali complicarsi (o regolare) la vita non ne mancano.

 

Alla prossima!


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