SQUOLA E GAM presentano le OSSERVAZIONI al PIANO di escavazione del Bifolco

Osservazioni al Piano Provinciale delle Attività
Estrattive (PPAE) della Provincia di Pesaro e Urbino concernente l’apertura di
un bacino estrattivo in località Bifolco e richiesta di stralcio del bacino
estrattivo di Monte Romano dal sopracitato Piano

PREMESSA

Il complesso montuoso “Monte
Rotondo-Monte Romano” si estende seguendo l’orientamento geografico dominante
nell’area secondo la direttiva Nord-Sud. La soluzione di continuità geografica
della montagna, geologicamente un unico altopiano da cui emerge un articolato
di cime che sfiorano gli 800 m
slm, è interrotta dal corso del fiume Cesano che divide la montagna in due
sottogruppi e che parzialmente delimita i confini provinciali. Amministrativamente
suddivisa fra due province (PU e AN), quindi, la montagna presenta la cima
principale, il Monte Rotondo, e le secondarie “Pianelle” e “Roccacce” (o
“Battute”) in provincia d’Ancona, mentre altre due cime, il Monte Romano e il
Monte Ortelle, sono site in provincia di Pesaro.

Un team multidisciplinare di ricercatori,
studiosi ed esperti (naturalisti, geologi, botanici, zoologi, escursionisti e
speleologi) concorda sull’indiscutibilità dell’UNITA’ (geografica, geologica, botanico-naturalistica) DEL GRUPPO MONTUOSO MONTE ROMANO-MONTE
ROTONDO
.

 

Al Presidente della Provincia di Pesaro e Assessore all’Attività
Estrattive

Palmiro Ucchielli

 

 

Considerando che il Piano delle Attività
Estrattive della Provincia di Pesaro afferma il principio della ricerca di
soluzioni condivise con la comunità locale e le sue rappresentanze
istituzionali per quanto inerisce programmazione/pianificazione – di nuovi siti
estrattivi (e l’ampliamento di quelli esistenti), il GRUPPO AMICI DELLA
MONTAGNA VALCESANO ONLUS (riconoscimento regionale decreto n. 290/amb/ea
10-9-02) e lo Spazio Pubblico Autogestito SQUOLA, sulla scorta di un consenso
verificato in decine di assemblee, dibattiti, confronti pubblici con le
popolazioni della zona, gli operatori economici e più in generale con la
società civile dell’area

 

CHIEDONO

 

LO STRALCIO TOTALE DEL MONTE ROMANO DAL
PIANO PROVINCIALE PER LE ATTIVITA’ ESTRATTIVE

 

In base delle seguenti OSSERVAZIONI


 

 

Punto 1 : GAM Valcesano e SQUOLA SPA contestano la
supposta “difficile reperibilità” del minerale escavabile al Bifolco: il
materiale è ampiamente diffuso nell’area centro-appenninica, come confermato da
tutte le mappe geologiche ed addirittura dal PPAE.

 

Punto 2 : Sul versante settentrionale del gruppo
montuoso insiste già l’ampliamento di una cava devastante (Buzzi – Unicem) e a
poca distanza è stato autorizzato un impianto estrattivo dal Comune di Serra
Sant’Abbondio. Il forte impatto dell’attività industriale ha già messo in crisi
sia l’equilibrio idrogeologico che quello ambientale della zona. Una nuova cava
al Bifolco comprometterebbe in maniera definitiva l’ecosistema della montagna.    

 

Punto 3 : L’intera area, citando il Piano Paesistico
Regionale, rappresenta un’ “unica emergenza geo-morfologica” visti gli
affioramenti di serie geologiche giurassiche (della successione stratigrafica
umbromarchigiana) presenti su entrambe le sponde del Cesano e la montagna,
nella sua unità, rappresenta un’area “di notevole valenza geologica,
paesaggistica e ambientale” che qualsiasi intervento estrattivo alterebbe.

 

Punto 4 : Altra problematica è rappresentata dalle
strutture accessorie dell’impianto: strade di servizio, parcheggi, aree di
accatastamento e relativi servizi fognari, elettrici idrici ecc. La viabilità
dell’area e le ristrette dimensioni geografiche della valle non risultano
minimamente adeguate ad ospitare un’attività estrattiva senza che ne venga
compromessa, in maniera definitiva, la funzionalità di transito. Inoltre, secondo
quanto affermato pubblicamente da tecnici del settore, il contributo versato
nelle casse comunali dai cavatori farebbe fronte all’incirca all’ 80% del
surplus di spesa che l’ente locale si vedrà costretto ad affrontare, surplus
dovuto alla manutenzione straordinaria della rete viaria di competenza comunale
causata dal traffico pesante dei camion della cava.

 

Punto 5 : Regime dei Venti ed attività estrattive.
Dalle analisi effettuate sui dati resi pubblici dalla Stazione di Rilevamento
Metereologico dell’ A.M.I. (aereonautica militare) di Frontone (PU) e dai dati
forniti  dall’ASSAM (Centro Agrometeo Regione
Marche) il regime risulta con evidenza orientato dal quadrante sud occidentale
a quello nord orientale. In sostanza, per la maggior parte dell’anno, con un regime
“atlantico” i venti spirano dai monti Strega-Morello verso il mar Adriatico.

Ne consegue che l’alto
livello delle polveri generato da attività estrattiva e dal trasporto dei
materiali inerti e i rumori dell’impianto e degli scoppi delle mine di cave
ricadrebbero per i due terzi dell’anno sulle frazioni di Bellisio Solfare,
Bellisio Alto e Pantana. (dati http://meteo.regione.marche.it/assam/)

 

Punto 6: Il Piano enumera le eccellenze floristiche e
la biodiversità esistenti sul territorio, privilegia le aree già protette dalla
legislazione nazionale e regionale senza tener conto dello stato di fatto del massiccio
del Monte Romano – Monte Rotondo. L’eventuale coltivazione di cave
provocherebbe l’alterazione dell’unità geologica, paesaggistica e ambientale
con gravi conseguenze sul carattere selvaggio e pregio dell’area.

Il Monte costituisce, di fatto, una delle
rare aree Wilderness italiane, estesa tra Pergola, Sassoferrato, Serra
Sant’Abbondio e Frontone.

 

Punto 7: La
Maiolica è una roccia a composizione prevalentemente calcarea
e come tale presentante la caratteristica di alta permeabilità che si definisce
in fessure e canali.

A dimostrare la
palese presenza di acque non c’e solo la captazione (Megas Acque)  presente alla confluenza della mulattiera del
Bifolco con la strada comunale che collega Bellisio Solfare a Bellisio Alto,
sbocco geografico della Valle del Bifolco, ma anche la presenza costante
nell’area di toponimi come FOSSO (ad es. “del Bifolco”) FONTE (es. “della
Bevilacqua”) etc. La costanza del rilascio idrico delle fonti del territorio e
sul fiume Cesano, rilevata anche dopo lunghi periodi di siccità, starebbe a palesare
la presenza di depositi idrici di grande rilevanza all’interno della Montagna (Geologo
Goffredo Bellocchi – ciclo di conferenze presso lo Spa Squola – luglio/agosto
2005)

 

Punto 8 : La coltivazione delle cave provoca
l’alterazione dell’ unità geologica paesaggistico-ambientale con gravi
conseguenze sulla fauna dell’area. Sul massiccio del Monte Rotondo, tra i
MAMMIFERI c’è l’importante presenza della LEPRE, dell’ISTRICE, del TASSO, dello
SCOIATTOLO, della FAINA, della DONNOLA, del GHIRO, del MOSCARDINO, della VOLPE,
del DAINO, del CAPRIOLO e del CINGHIALE. Come specie nidificanti e migranti, si
rilevano numerosi rapaci diurni e notturni, il BARBAGIANNI, la CIVETTA, il GUFO, il FALCO
PELLEGRINO (nidificazione rilevata dai soci GAM nelle primavere 2005-2006), la POIANA, la BECCACCIA, il
COLOMBACCIO, la TORTORA,
il PICCHIO, e numerosissime specie di UCCELLI SILVANI. Tra gli uccelli, si
rivela l’eccezionale e recente nidificazione della STARNA – specie inserita
nella Red List Nazionale (lista delle specie a rischio d’estinzione) con
individui reintrodotti in aree circostanti il Bifolco -: un dato fortemente
significativo perché rare sono le zone nelle quale questo uccello riesce a
tessere un legame con il territorio tale da nidificare. Si tratta pertanto di
un ambiente che va protetto, come conferma l’art.64 bis delle norme tecniche di
attuazione del Piano Paesistico Ambientale Regionale che identifica i principali
obiettivi del piano rispetto ai beni faunistici
, in particolare "sulla
protezione e conservazione degli ambienti adatti alla sosta, riproduzione e
sopravvivenza delle popolazioni animali selvatiche; la protezione e
conservazione delle specie faunistiche rare, esclusive o in via di scomparsa
tenuto conto dell’intera loro area vitale necessaria alla sopravvivenza; le
iniziative volte ad incrementare le popolazioni di specie animali selvatiche
presenti nel nostro territorio anche rimovendo le cause che ne impediscono la
diffusione e riproduzione; il mantenimento dell’attuale assetto ambientale, quando
favorevole alla fauna selvatica di interesse biologico, con interventi attivi
sull’ambiente per favorirne la presenza, conservazione, sosta e diffusione
".
Un insieme d’obiettivi che appaiono palesemente incompatibili con l’attività di
coltivazione delle cave anche in aree di ridotte dimensioni, in quanto
influenza l’intero ecosistema minacciando la sopravvivenza della fauna
esistente.

 

Punto 9 : La coltivazione delle cave provoca
l’alterazione dell’unità geologica paesaggistico-ambientale con gravi conseguenze
a livello botanico.

Il piano sembra scollato dalla realtà ambientale
del luogo, lontano dalla storia economica dei territori e delle popolazioni,
sviluppata  secondo un modello di
sviluppo perfettamente armonizzato quello naturale.

La situazione oggettiva della zona di
Monte Romano, individuata come bacino estrattivo, appare ben diversa da quella
che sembra emergere dalle valutazioni del PPAE, presentandosi come un ricco
patrimonio naturalistico-storico-ambientale che esprime la tipicità del
paesaggio submontano delle aree interne a ridosso dell’Appennino
umbro-marchigiano.

Il territorio di Monte Romano è
caratterizzato:

da una copertura quasi uniforme di boschi
misti di latifoglie governati a ceduo che si sviluppano su terreni subacidofili
con abbondanza di cerro (Quercus cerris) associato a roverella (Quercus
pubescens
), carpino nero (Ostrya carpinifolia), orniello (Fraxinus
ornus
), acero napoletano (acer obtusatum), acero campestre (acer
campestre
), con specie erbacee poco comuni come la Sthaelina dubia e specie endemiche dell’Italia
centrale come il Dianthus ciliatus,
ben rappresentate su questo territorio; eccezionalmente in prossimità dei
versanti sovrastanti la  Madonna del Vado si trovano
alcuni monumentali faggi secolari.

Con diversi orientamenti abbiamo degli
affioramenti rocciosi (Madonna del Sasso – fosso della Bevilacqua – area
Coldorso) e vasti ed uniformi boschi di leccio (Quercus ilex), anche con copertura specifica da parte del leccio
superiore all’ 80%, che salgono fino alla sommità di Monte Romano, con carpini
e ornielli decisamente marginali.

Tra i lecci dominanti abbonda l’erica
arborea, specie tipica di substrati acidofili che nel territorio marchigiano
non è facile incontrare associata al leccio.

Nel versante cesanense risultano presenti
in maniera marginale aree di rimboschimento sviluppate a conifere come di
prassi negli anni ’50 ’60.

Tra le specie di sottobosco risultano
particolarmente interessanti, nelle formazioni più mesofile, alcune felci (da
esaminare per conoscerne con certezza la specie) e una vasta popolazione del
raro Ruscus hypoglossum.

Da sottolineare che l’agrifoglio (Ilex
aquifolium
) ed il pungitopo (Ruscus aculeatus), oltre che il leccio,
sono stati inseriti nell’elenco delle specie floristiche protette della Regione
Marche (Legge Regionale n.7 del 13 marzo 1985, aggiornata con Legge Regionale
n.8 del 10 gennaio 1987).

La maturità raggiunta dalla copertura
boschiva naturale e dai rimboschimenti contribuisce a dare uniformità al
paesaggio forestale interrotto solo da rare ed ampie distese pascolive che
salgono

fino alla piana della “Bevilacqua Bassa”,
parzialmente colonizzate da vigorosi arbusti di ginepro comune (Juniperus
communis
), ginepro rosso (Juniperus oxicedrus), ginestre (Spartium
junceum
), rosa canina e giovani piante di querce che segnalano il vivace
dinamismo della vegetazione.

La grande varietà di funghi – sono
presenti l’Amanita Solitaria, l’Amanita Giunchiglia, l’Amanita Vinata,
l’Amanita Vaginata, l’Ovolo Buono, il Chiodino, la Moretta, il Prugnolo, l’Imbutino,
il Sanguignol, il Verdonem la
Colrbina Verde, la
Russola, il Gambesecche, il Torino, il Caprine, il Ranine, le
Campanelle
e i pregiatissimi
Porcini
– e il ricercatissimo
Tartufo
rendono ancora più prezioso il bosco.

Pascoli, boschi, fasce di vegetazione
arbustiva, rimboschimenti favoriscono la presenza di un ricco e vario
patrimonio faunistico.

Monte Romano per le sue accessibili
quote, per la bellezza e la ricchezza degli habitat ha esercitato un forte
richiamo per gli abitanti dei villaggi più prossimi, ma anche per escursionisti,
mountainbiker,  amanti della natura, sportivi, alpinisti e,
ultimamente, speleologi che sulle sue terre trovano ristoro e relax. Tutto
questo non fa che avvalorare la forte e spontanea vocazione di questo
territorio per un turismo di tipo naturalistico-ambientale.

 

Punto 10 : Il Piano non tiene in nessun conto che il
territorio è interessato dal fenomeno carsico, in particolare nell’area di
affioramento della maiolica.

Dopo gli eccezionali  sviluppi nell’esplorazione ipogea nel gemello
Monte Rotondo (oltre mezzo kilometro di nuove cavità) e rilevata l’eccezionale
presenza di specie appartenenti all’ecosistema ipogeo e di una numerosissima
popolazione di artropodi appartenenti al genere Dolicopoda, di numerosi aracnidi e di una vasta popolazione di
chirotteri (alcune centinaia di individui, nella grotta maggiore) appartenenti
al genere Rhinolophu, sono iniziate le battute di ricerca spelogica in
diversi versanti della montagna alla ricerca delle condutture esterne di un presumibilmente
vasto ipogeo. Gli esami geologici e le esplorazioni compiute, suffragate
dall’analisi sui tempi del ciclo delle acque, confermano la potenzialità di
un’ampia formazione carsica. A sostegno di questa ipotesi e a guidare le
ricerche in corso numerosi racconti popolari sull’argomento.

 

Punto 11 : La coltivazione delle cave provoca
l’alterazione dell’unità geologica paesaggistico-ambientale con gravi
conseguenze sul valore storico-culturale dell’area.

Il Monte Romano, chiamato nella nostra
tradizione rurale Monte di Bellisio, con
il suo eremo arroccato sulla falesia a picco sul Cesano, è un testimone
d’eccezione della nostra storia.

Di una storia fatta di contadini,
d’eremiti e di partigiani di ieri e di oggi.

Storie antiche di spopolamento ed emigrazione.
Di rabbia e di amore per questa terra che portava prima ad emigrare con il
sogno di poter un giorno tornare e “mettere su casa”, alle falde del monte,
richiuso nella valige di cartone. Meta morale in cui tornare e da mostrare a
figli e nipoti che parlavano ormai con altri accenti se non con altre lingue.

Eppure questa montagna sta subendo una
nuova, rispettosa e interessante, immigrazione. Cittadini dalle città della
costa, quando non dai triangoli industriali della Ruhr o di Francoforte o Rotterdam,
stanno ripopolando gli antichi casolari e riprendono ad attraversare storici sentieri.
Alla ricerca del bene più prezioso, fatto di una qualità della vita superiore
perchè “altra”, di rapporti umani ruvidi ma veri, di un’aria e un’acqua
incontaminate, dei silenzi dei boschi, di culture e tradizioni ancora vive.
Casolari riaprono, con loro antiche locande (chiamiamole Bed&Breakfast o CountryHouse..),
giovani e meno giovani riscoprono le radici e le tradizioni, e con rispetto, ne
fanno il “core business” vocazionale
dell’area.

Sono loro l’elemento più dinamico
dell’imprenditoria regionale, cosi tanto osannati per capacità di innovazione
“di processo e di prodotto” da tutti i report economici della regione.

Investono su una risorsa rinnovabile,
etica, sostenibile: ambiente, storia, tradizione e qualità della vita. Non
vogliono né riconoscimenti né sostegni economici. Chiedono solo di non essere
allontanati dal territorio dagli scoppi delle mine, dal rombo delle ruspe e
dalla polvere dei camion.  Sono i naturali
eredi dei nostri predecessori che con saggezza hanno conservato questo
territorio come più grande dote per i loro figli e per le generazioni a venire.
Saggezza e tradizione nella coltivazione e nella conservazione inscritta negli
statuti delle “proprietà sociali”, civiche e nelle comunanze (da quelle
pontifice ai regolamenti del 1894 e seguenti) in cui è chiaramente
rintracciabile l’esigenza di normare un modo di vivere la montagna
“conservandola” e tutelandola. Compatibilità ambientale “ante litteram”…

 

Punto 12 : L’apertura delle cave provoca l’alterazione
dell’unità geologica paesaggistico-ambientale, con gravi conseguenze per la
capacità dell’area di sviluppare turismo.

Il Monte Romano rappresenta il vertice di un
triangolo turistico potenzialmente interessantissimo per lo sviluppo dell’area.
Un triangolo i cui altri vertici sono costituiti dal neonato Parco della
Miniera di Zolfo di Cabernardi
, archeologia industriale in grado di
attirare flussi turistici importanti, beneficitario di un importante e recente
finanziamento, e dal nostro prezioso Eremo della Madonna del Sasso, meta di
preghiera e di riflessione, che attira escursionisti e pellegrini, pilastro di
quel “nuovo modello di turismo”, tema di tanti convegni finanziati dalla
Regione Marche e poche leggi regionali tutelanti.

La presenza di sentieri rende quest’area
un territorio adattissimo alle escursioni, al trekking, al mountainbiking
e con pittoreschi sentieri particolarmente adatti all’escursionista “soft” amante della natura. Non dimentichiamoci
l’equitazione e le falesie atte al free
climbing
. Il suggestivo "anello del santuario" merita tutto
l’impegno e la fatica delle oltre 4 ore di percorso. La montagna è attraversata
da sentieri storici: percorsi dai pellegrini della devozione in direzione
dell’Avellana nel Medio Evo e da quelli della libertà, i partigiani, che
scendevano dalle montagne per favorire, con la guerriglia e il sabotaggio della
raffineria di zolfo, la
Liberazione. E’ ancora in buone condizioni il sentiero
utilizzato, dopo la distruzione del Ponte del Sasso nella primavera del 1944,
come collegamento con Serra Sant’Abbondio e Sassoferrato. Meta di escursionisti
e mountainbikers, è in parte stato
ristrutturato e mappato in un recente progetto della Comunità Montana del Catria
e Cesano.

Un insieme di condizioni che hanno
stimolato operatori ad investire in Bed&Breakfeast,
Agri-Turismi, Country Hotel e ha
portato semplici privati ad interessarsi di sviluppo sostenibile in una vera e
propria primavera di imprenditoria “verde”.

La coltivazione delle cave, con i suoi
rumori, il suo inquinamento, il suo traffico pesante, è incompatibile con il
turismo, vocazione naturale dell’area.

Un settore in piena effervescenza che
pone la Regione Marche
al centro dell’attenzione perché offre un ambiente variegato di mare e di
monte, un ricco patrimonio storico, monumentale e culturale, fatto anche di
eccellenze enogastronomiche, raggiungibile con mezzi propri dalla maggior parte
dei paesi europei.

L’ambiente naturale è fonte di turismo,
impulso di una nuova imprenditoria opportunamente finanziata già da qualche
anno dagli enti locali, in grado di indicare un nuovo futuro economico perfettamente
eco-sostenibile in questi tempi caratterizzati dall’esodo degli imprenditori e
dei grandi investitori agricoli verso paesi stranieri.

 

 

Punto 13 : La coltivazione delle cave provoca
l’alterazione dell’unità geologica paesaggistico-ambientale con grave
conseguenze sul futuro dell’area.

Perché, dietro alla nostra richiesta di
stralcio del bacino estrattivo di Monte Rotondo dal PPAE, esiste la volontà di stimolare
l’implementazione di un progetto innovativo che preservi il lato selvaggio del
Monte anche mediante la riscoperta di attività tradizionali dell’agricoltura
come pastorizia, silvicoltura, agricoltura biologica ecc., la creazione di percorsi
didattici naturalistici per le scuole o per semplici turisti della natura e il favorire
percorsi sportivi – trekking, mountain bike ed equitazione -, in modo
da stimolare la destagionalizzazione del turismo facendo convivere attività
sportive, culturali e tempo libero.

 

Per tutte le ragioni su elencate, chiediamo alle
Autorità competenti di non autorizzare attività estrattive sul Monte Romano e sull’intero
territorio ad esso direttamente collegato annullando il bacino estrattivo
individuato dalla provincia di Pesaro nel suo P.A.E.

 

Allegati:
NOTE SPELEOGICHE SUL MONTE ROMANO
  (Roberto Bambini – naturalista e speleologo
Jesi – curatore del catasto speleologico regionale)

Nonostante non siano ancora noti accessi
praticabili a cavità ipogee, in questi mesi speleologi stanno battendo il Monte
Romano, sulla base di segnalazioni ricevute da cacciatori ed altri abitanti
circa la presenza di probabili imbocchi di grotte.

A rendere la zona di specifico interesse
dal punto di vista del fenomeno carsico, sta il fatto che almeno una delle
cavità rinvenute sul vicinissimo Monte Rotondo, tuttora in esplorazione e
studio, è da ritenersi di origine ipogenica, legata cioè a dinamiche
speleogenetiche affini a quelle che hanno generato i complessi carsici di
Frasassi e del Monte Cucco. In questo tipo di sistemi, il fattore determinante
nella speleogenesi è la risalita di acque di origine profonda fortemente acide.

Il fatto che l’affioramento di Monte
Romano – Fosso Bifolco faccia parte della stessa struttura geologica (incisa
dalla gola scavata dal Cesano) delle Battute aumenta la probabilità di
riscontrare anche qui fenomeni carsici di particolare rilevanza.

Questo porta a supporre l’esistenza
nell’area di cavità ben più estese di quanto sinora noto, e di quanto si
rinvenga di solito nei rilievi il cui substrato litologico è costituito
prevalentemente da maiolica o scaglia.

Questi infatti, nelle pubblicazioni
relative ai fenomeni carsici in tali formazioni rocciose, sono descritti come
sedi di grotte numerose, ma di ridotta volumetria se originate dalla sola
circolazione di acque di origine meteorica dalle superfici di assorbimento
verso e in prossimità della falda.

Tra l’altro nella zona, in prossimità del
Cesano, è segnalata la presenza di una sorgente a marcata mineralizzazione
sulfurea.


 

I Firmatari

Gruppo Amici della Montagna Valcesano


SQUOLA SPA 


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