Il primato che ritorna

Il primato che ritorna
Rossana Rossanda  – il Manifesto 17.01.2008 –
 

L'imperatore offre al papa la tiara imperiale, simbolo del potere temporale

 Due giorni fa Joseph Ratzinger ha celebrato
la messa nella cappella Sistina dando le spalle ai fedeli. Liturgia che
il Vaticano II aveva sostituito con la celebrazione faccia a faccia
perché non fosse un dialogo del sacerdote con dio, e i fedeli dietro,
ma una celebrazione in comune. Ora si ritorna indietro. Da quando è
papa ha riaperto ai lefebvriani, ha chiuso con il dialogo ecumenico
all’interno stesso dell’area cristiana, ha negato nel non casuale
lapsus culturale a Ratisbona, qualsiasi spiritualità all’islam, ha
messo un alt all’avanzata di un sacerdozio femminile, ha ribadito
l’obbligo del celibato per i sacerdoti, ha negato i sacramenti ai
divorziati che si risposino, ha respinto nelle tenebre gli omosessuali,
ha condannato non solo aborto e eutanasia, ma ogni forma di
fecondazione assistita, ha interdetto la ricerca sugli embrioni,
intervenendo ogni giorno direttamente o tramite i vescovi sulle
politiche dello stato italiano. Tra un po’ risaremo al Sillabo.

 Sono
scelte meditate, che significano un passo indietro rispetto al Concilio
Vaticano II, che era stato un aprire le braccia all’intera comunità
cristiana e oltre, a quel più vasto «popolo di dio» che era costituito,
per il clero più illuminato, anche dai laici. Insomma, come Cristo la
chiesa ridiscendeva fra la gente, e non saliva obbligatoriamente con
lui sulla croce. Era stato Giovanni XXIII – un papa che non vantava
grandi meriti teologici – a guardare con generosità alla crisi del
cattolicesimo nel mondo moderno e a riaprirne i varchi. E ne venne un
grande fervore, la crisi parve per breve tempo sciogliersi negli anni
Sessanta. Ora si incancrenisce di nuovo basta leggere le preoccupate
informazioni di Filippo Gentiloni sul posto che ha oggi la pratica del
cattolicesimo fra gli italiani, e la crisi delle vocazioni che ne
consegue.

 E’ con questo papa che l’intera sfera politica italiana,
da destra a sinistra, a eccezione dei radicali, dialoga e compone,
cedendo ogni giorno qualcosa di più. Già aveva cominciato Luigi
Berlinguer a eludere il divieto costituzionale finanziando le scuole
confessionali ma, se era una concessione, almeno non era il consenso a
una perpetua interferenza. Che si è andata invece accentuando con Karol
Woityla, dovunque le scelte politiche sfiorino il terreno della
coscienza. Come se questa fosse dominio riservato alla religione, e
perdipiù cattolica, e una coscienza laica non esistesse, o fosse di
ordine inferiore.

 Così ieri Giovanni Paolo II è stato invitato in
quella sede eminentemente politica che è il Parlamento, cosa che ad
Alcide de Gasperi non sarebbe mai venuta in mente e oggi Walter
Veltroni trova che, Roma essendo sede del seggio pontificio, non è il
caso di celebrarvi le unioni civili fra persone del medesimo sesso, e
speriamo che non trovi maleducato continuare a celebrare quelle fra
sessi diversi, ma maleducatamente civili. E l’università della
capitale, dimentica che negli atenei nessuna autorità estranea, neppure
i tedeschi occupanti aveva mai messo piede, invita Ratzinger – che ieri
ha saggiamente rinunciato – a elargirle non so se parole o benedizioni,
qualcuno sostenendo che sarebbe un sommo teologo l’autore delle due
modeste encicliche su carità (o amore depurato da ogni eros) e speranza
(nella salvezza), e d’un libro su Cristo che non ha fatto palpitare.
 
 Che la destra vaticana voglia la riconquista dello stato si capisce.
Che questo le spalanchi le porte no.
 
 Inviterei Veltroni e la
costituente del Pd a rileggere il dibattito del 1905 sulla separazione
fra stato e chiesa. In essa Jaurès argomentava come essa costituisca la
sola garanzia di libertà per l’uno e per l’altra. O in una democrazia
postmoderna, postcomunista, riformista è più trend ispirarsi all’Opus
Dei della signora Binetti?

Comments are disabled.