C’ERA UNA VOLTA IL FIUME


C’era una volta il fiume.

Il fiume era il pennello che disegnava il nostro paesaggio, che per questo gli era servitore e l’assecondava nella formazione della geografia del territorio. E il nostro paesaggio era unico, una benedizione della natura, l’acqua era abbondante e limpida e portava ricchezza nel suo muoversi placida e nervosa verso il mare. Vivevamo nella consuetudine della bellezza, che diventava addirittura quasi banale.

Quando si viveva soprattutto di agricoltura, il fiume era essenziale. Anche le città (tutte le grandi città sono cresciute sulle rive di un fiume) ne avevano bisogno nelle attività artigianali come poi in quelle industriali. C’erano ruote di mulini per i mugnai, c’erano pietre lisce per le lavandaie. Ci inventammo dighe per farne un lago, per il lavoro della miniera; addirittura una piscina di cemento, nei pressi d’una balza, per celebrare quel benessere sconosciuto figlio del boom economico.


Il fiume voleva dire estate: era la scuola finita, era pescare e fare il bagno, era l’avventura e la scoperta. Così noi nascevamo, crescevamo, ed anche lui sapevamo che nasceva e ci scivolava intorno nel suo cammino fatto di curve, di scorrimenti, di balzi. Sapevamo che c’era anche quando non lo vedevamo. Lo sentivamo anche da lontano, lo pensavamo. Ci si dava appuntamento.

Oggi il fiume non esiste più. E non parlo della massa d’acqua ridotta per i cambiamenti climatici, per le captazioni, o per chissà che cosa. Il fiume è un concetto che non ci appartiene più, è rimasto solo nel nome di alcuni paesi. Lo vediamo solamente quando attraversiamo un ponte con l’automobile, non sappiamo più che rumore fa. Nessuno ci si bagna più i piedi, nessuno che lo ritragga. Lo copriamo con muri di cemento, costruiamo capannoni lungo le sue rive. Progettiamo dighe improbabili, e improbabilissime terme. Se non lo si può sfruttare, è un impiccio oggi un fiume. Interrompe una proprietà sul foglio catastale, allaga un terreno dopo un acquazzone. Se dovessimo fondare una città da zero non la costruiremmo più vicino a un fiume. Oggi le strade si tracciano dritte, non potrebbero sottostare alla presenza irregolare di un bizzoso corso d’acqua. Le abitazioni adiacenti perderebbero il loro valore, d’inverno avvolte dalla nebbia, d’estate soffocate dall’umidità. Le zanzare da scacciare, le erbacce da tagliare, uccellacci che neanche si possono sparare, buste di plastica intrappolate tra i rami.

A un fiume non pensiamo quando possiamo bere l’acqua da una bottiglia di plastica, quando abbiamo un tubo sotto casa per lavare la macchina la domenica. Acqua è solo quella della doccia che guai se non esce sempre calda, è quella negli scivoli dei parchi di divertimenti, è quella della pioggia che ci rovina il week-end. No, al giorno d’oggi il fiume non è più di moda.

Dovrebbe tenerne conto, la natura. 


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