Il capitalista Facebook

Un articolo di Tom Hodgkinson pubblicato sul The guardian e riproposto da questo sito.
Si tratta di una critica spietata al social network più famoso del mondo ed al suo fondatore.

" Facebook ha 59 milioni di utenti – e due milioni di nuovi iscritti ogni settimana.
Io disprezzo Facebook. Questa azienda statunitense di enorme successo si descrive come «un servizio che ti mette in contatto con la gente che ti sta intorno». Ma fermiamoci un attimo. Perché mai avrei bisogno di un computer per mettermi in contatto con la gente che mi sta intorno? Perché le mie relazioni sociali debbono essere mediate dalla fantasia di un manipolo di smanettoni informatici in California?

E poi, Facebook mette davvero in contatto la gente? Non è vero invece che ci separa l’uno dall’altro, dal momento che invece di fare qualcosa di piacevole come mangiare, parlare, ballare e bere coi miei amici, mando loro soltanto dei messaggini sgrammaticati e foto divertenti nel ciberspazio, inchiodato alla scrivania? Un mio amico poco tempo fa mi ha detto di aver trascorso un sabato notte a casa da solo su Facebook, bevendo seduto alla sua scrivania. Che immagine deprimente. Altro che mettere in contatto la gente, Facebook ci isola, fermi nel posto di lavoro.

Per di più, Facebook fa leva, per così dire, sulla nostra vanità e autostima. Se carico una mia foto che ritrae il mio profilo migliore, e assieme metto una lista delle cose che mi piacciono, posso costruire una rappresentazione artificiale di me stesso, con lo scopo di essere sessualmente attraente e di guadagnarmi l’altrui approvazione. («Mi piace Facebook», mi ha detto un altro amico. «Mi ha fatto trombare»). Incoraggia inoltre una inquietante competitività intorno all’amicizia: sembra che nell’amicizia oggi conti la quantità, e la qualità non sia affatto considerata. Più amici hai, meglio sei. Sei "popolare", nel senso che i liceali statunitensi amano tanto. A riprova di ciò sta la copertina della nuova rivista su Facebook dell’editore Dennis Publishing: «Come raddoppiare la tua lista di amici».

Cinquantanove milioni di babbei hanno dato tutti volontariamente le informazioni della propria carta d’identità e le proprie scelte di consumatore a un’azienda statunitense che non conoscono.
Se proseguirà all’attuale volume di crescita, Facebook supererà i 200 milioni di utenti attivi nello stesso periodo dell’anno prossimo. Come ha dichiarato il portavoce di Facebook Chris Hughes: «[Facebook] ha raggiunto una tale integrazione che è difficile sbarazzarsene».

Tutto ciò sarebbe sufficiente a farmi rifiutare Facebook per sempre. Ma ci sono altre ragioni per odiarlo. Molte altre ragioni.

Facebook è un progetto ben foraggiato, e le persone che stanno dietro il finanziamento, un gruppo di capitalisti "di rischio" della Silicon Valley, hanno un’ideologia ben congegnata che sperano di diffondere in tutto il mondo. Facebook è una delle manifestazioni di questa ideologia. E’ un esperimento sociale, un’espressione di un particolare tipo di liberalismo neoconservatore. Su Facebook puoi essere libero di essere chi vuoi, a patto che non ti dia fastidio essere bombardato da pubblicità delle marche più famose al mondo.

Il vero volto che sta dietro Facebook è il quarantenne filosofo "futurista" Peter Thiel.
Thiel investì 500 mila dollari in Facebook quando 3 studenti di Harvard lo incontrarono a San Francisco nel giugno del 2004, non appena fecero partire il sito. Thiel, secondo la stampa, oggi possiede il 7 per cento di Facebook, quota che, secondo l’attuale stima del valore dell’azienda di 15 miliardi di dollari, vale più di un miliardo.
Thiel è considerato da molti nella Silicon Valley e nel mondo del venture capital a stelle e strisce come un genio del liberismo. È il cofondatore e amministratore delegato del sistema bancario virtuale Paypal, che vendette a Ebay per un miliardo e mezzo di dollari, tenendo per sé 55 milioni. Ha fatto i soldi scommettendo sul rialzo del prezzo del petrolio e azzeccando la previsione che il dollaro si sarebbe indebolito.
Ma Thiel è più di un semplice capitalista scaltro e avido. Infatti è anche un filosofo "futurista" e un attivista neocon. Filosofo laureato a Stanford, nel 1998 fu tra gli autori del libro The Diversity Myth [Il Mito della Diversità, ndt], un attacco dettagliato all’ideologia multiculturalista e liberal che dominava Stanford.
La sua filosofia, in breve, è questa: fin dal XVII secolo, alcuni pensatori illuminati hanno strappato il mondo dalla sua antiquata vita legata alla natura – e qui cita la famosa descrizione fatta da Thomas Hobbes della vita come «meschina, brutale e breve» – per portarlo verso un nuovo mondo virtuale nel quale la natura è conquistata. Il valore è ora assegnato alle cose immaginarie. Thiel afferma che PayPal è nato proprio da questa credenza: che si possa trovare valore non in oggetti concreti fatti da mano d’uomo, ma in relazioni fra esseri umani. Paypal è un modo di spostare denaro in giro per il mondo senza limitazioni.

Chiaramente, Facebook è un altro esperimento iper-capitalista: si possono ricavare soldi dall’amicizia? Si possono creare comunità libere dai confini nazionali, e poi vendere loro Coca Cola? Facebook non è per niente creativo. Non produce assolutamente nulla. Tutto quello che fa è mediare relazioni che si sarebbero allacciate in ogni caso.

Internet è un’immensa attrattiva per i neocon come Thiel, perché promette, in un certo senso, libertà nelle relazioni umane e negli affari, libertà dalle noiose leggi nazionali, dai confini nazionali e da altre cose di questo genere. Internet apre un mondo di espansione per il libero mercato e per il laissez-faire. Thiel sembra approvare anche i paradisi fiscali offshore, e sostiene che il 40 per cento della ricchezza mondiale si trova in posti come Vanuatu, le isole Cayman, Monaco e le Barbados.
Gli piace anche la globalizzazione della cultura digitale, perché rende quasi inattaccabili i padroni delle banche: «I lavoratori non possono fare una rivoluzione per impossessarsi di una banca, se quella banca ha sede a Vanuatu», dice.

Se la vita del passato era meschina, brutale e breve, Thiel vuole rendere la vita del futuro molto più lunga, investendo a questo fine in un’azienda che esplora tecnologie per allungare la vita. Ha promesso tre milioni e mezzo di sterline a un gerontologo di Cambridge. Thiel è anche membro del collegio dei consulenti di qualcosa come il Singularity Institute for Artificial Intelligence. Nel suo fantastico sito internet, si trovano le seguenti parole: «La Singularity è la creazione tecnologica di un’intelligenza superiore a quella umana. Ci sono parecchie tecnologie […] che vanno in questa direzione […] l’Intelligenza Artificiale […] interfacce che collegano direttamente computer e cervello […] ingegneria genetica […] differenti tecnologie che, se raggiungessero una certa soglia di complessità, permetterebbero la creazione di un’intelligenza superiore a quella umana».

Per sua stessa ammissione, quindi, Thiel sta cercando di distruggere il mondo reale, da lui chiamato anche "natura", e di installare al suo posto un mondo virtuale. Ed è in questo contesto che dobbiamo vedere il successo di Facebook.

Facebook è un esperimento volto deliberatamente alla manipolazione mondiale, e Thiel è un brillante personaggio del pantheon neoconservatore con un debole per incredibili fantasie "tecno-utopiche". E io non voglio aiutarlo a diventare più ricco.


Il dipartimento della difesa statunitense e la Cia amano la tecnologia perché rende lo spionaggio più facile

Ora, anche se non si accetta l’idea che Facebook sia una specie di estensione del programma imperialistico statunitense incrociata con uno strumento per raccogliere immense quantità d’informazioni, non si può in nessun modo negare che, come affare, sia davvero geniale.
I creatori del sito non fanno altro che giocherellare col programma. In genere, stanno seduti con le mani in mano a guardare milioni di "drogati" di Facebook fornire di spontanea volontà i dettagli della loro carta d’identità, le loro foto e la lista dei loro oggetti di consumo preferiti. Ricevuto questo smisurato database di esseri umani, Facebook vende semplicemente le informazioni agli inserzionisti, o, come ha detto Zuckerberg in uno degli ultimi post sul blog, «cerca di aiutare le persone a condividere informazioni con i loro amici riguardo alle cose che fanno sul web». Ed è infatti proprio ciò che accade. Il 6 novembre dello scorso anno, Facebook annunciò che 12 marchi mondiali erano saliti a bordo. Tra essi, c’erano Coca Cola, Blockbuster, Verizon, Sony Pictures e Condé Nast. "Condividere" è la parola in lingua di Facebook che sta per "pubblicizzare". Stiamo assistendo alla mercificazione delle relazioni umane, l’estrazione di valore capitalistico dall’amicizia.

Ora, in confronto a Facebook, i giornali, per esempio, come modello d’impresa, sembrano disperatamente fuori moda. Un giornale vende spazi pubblicitari alle imprese che cercano di vendere la loro roba ai lettori. Un sistema che è però molto meno complesso di quello di Facebook. E questo per due ragioni. La prima è che i giornali debbono sopportare fastidiose spese per pagare i giornalisti che forniscono contenuti. Facebook, invece, i contenuti li ha gratis. La secondo è che Facebook può calibrare la pubblicità con una precisione infinitamente superiore rispetto a un giornale. Se, per esempio, si dice su Facebook di amare il film This Is Spinal Tap, quando uscirà nei cinema un film simile, state pur sicuri che vi terranno informati. Mandandovi la pubblicità.

È vero che Facebook ultimamente è stato nell’occhio del ciclone per il suo programma di pubblicità Beacon. Agli utenti veniva recapitato un messaggio che diceva che i loro amici avevano fatto acquisti in un certo negozio online. Furono 46 mila gli utenti a reputare questo tipo di pubblicità troppo invasiva, tanto che giunsero a firmare una petizione dal titolo «Facebook, smettila di invadere la mia privacy!».
E per di più, voi utenti di Facebook avete mai letto davvero l’informativa sulla privacy? Ti dice che non è che di privacy ne hai poi molta.
Facebook fa finta di essere un luogo di libertà, ma in realtà è più simile a un regime totalitario virtuale mosso dall’ideologia, con una popolazione che molto presto sarà superiore a quella del Regno Unito. Thiel e gli altri hanno dato vita al loro paese, un paese di consumatori.

Ora, voi, come Thiel e gli altri nuovi signori del ciberuniverso, potreste reputare questo esperimento sociale tremendamente eccitante. Ecco qui finalmente lo Stato illuminista desiderato ardentemente fin dal tempo in cui i Puritani, nel XVII secolo salparono verso l’America del Nord. Un mondo dove tutti sono liberi di esprimersi come vogliono, a seconda di chi li sta guardando. I confini nazionali sono un’anticaglia. Tutti ora fanno capriole insieme in uno spazio virtuale dove ci si può esprimere a ruota libera. La natura è stata conquistata attraverso l’illimitata ingegnosità umana. E voi potreste decidere di inviare a quel geniale investitore di Thiel tutti i vostri soldi, aspettando con impazienza la quotazione ufficiale dell’inarrestabile Facebook.


O, in alternativa, potreste riflettere e rifiutare di essere parte di questo ben foraggiato programma, volto a creare un’arida repubblica virtuale, dove voi stessi e le vostre relazioni con gli amici siete convertiti in merce da vendere ai colossi multinazionali. Potreste decidere di non essere parte di questa Opa contro il mondo.

Per quanto mi riguarda, rifuggirò Facebook, rimarrò scollegato il più possibile, e trascorrerò il tempo che ho risparmiato non andando su Facebook facendo qualcosa di utile, come leggere un libro. Perché sprecare il mio tempo su Facebook quando non ho ancora letto l’Endimione di Keats? Quando devo piantare semi nel mio orto? Non voglio rifuggire la natura, anzi, mi ci voglio ricollegare. Al diavolo l’aria condizionata! E se avessi voglia di mettermi in contatto con la gente intorno a me, tornerei a usare un’antica tecnologia. È gratis, è facile da usare e ti permette un’esperienza di condivisione di informazioni senza pari: è la parola."


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