IO SONO FAVOREVOLE ALLE RONDE! (di F.Caruso)

arditi a romaLa reazioni di indignazione seguite all’approvazione in consiglio dei
ministri del decreto legge sulle ronde, per quanto blande, credo siano una
risposta seppur parziale dinanzi ad un provvedimento inquietante, intriso
di xenofobia e razzismo.
L’istituzionalizzazione delle ronde rappresenta infatti una vera e propria
una mostruosità sociale, proprio perchè partorita all’interno e funzionale
al (de)grado di intolleranza, ma non mi sembra possa dirsi altrettanto sul
terreno della pratica sociale.
Promuovere forme di autodifesa popolare, di controllo dal basso del
territorio, di autogoverno della città, da oltre un secolo è sempre stato
un terreno di sperimentazione dei movimenti popolari, dalle milizie operaie
della Comune di Parigi agli Arditi del Popolo.
Ma il contesto odierno sembra molto più simile alla Germania prenazista,
con le Sturmabteilungen impegnate a perseguitare dissidenti politici,
omosessuali, ebrei e gli altri “nemici interni”, persecuzioni funzionali
per lo più, ieri come oggi, a occultare i disastri sociali delle crisi
sistemiche del capitalismo, come la grande depressione di allora e la crisi
economica attuale.
Con questo, non voglio certo dire che bisogna prendere le armi per
affrontare e contendere “manu militari” il territorio a milizie armate di
parafascisti ormai in procinto di instaurare la dittatura.
Non siamo fortunatamente in questo scenario: la battaglia va condotta non
sul piano militare, ma sul piano culturale e sociale, facendo però
attenzione, molta, molta attenzione, a intrecciare i due piani – culturale
e sociale – per non correre il rischio di rinchiudere e svilire questo
terreno di battaglia all’interno di una dimensione accademica, retorica e
autoreferenziale.
La battaglia si gioca non al chiuso di pur interessantissime e necessarie
tavole rotonde e seminari sulla forza dilagante della Lega Nord, ma
contendendo ad essa nelle periferie più degradate delle nostre metropoli,
nei territori sempre più infettati dalla demagogia del razzismo, anche il
tema delle ronde, inteso strategicamente come cessione di sovranità
primaria dalle istituzioni alla società, tra l’altro sul terreno tanto
delicato quanto strategico della sicurezza e della pace sociale.
Su questo o si rimane attestati sulla difesa della legalità, delegando agli
strumenti di autoregolazione  istituzionale  il contenimento dell’
esondazione culturale xenofoba, invocando finanche il rafforzamento delle
forze dell’ordine in nome di una presunta imparzialità degli apparati di
controllo e repressione sociale oppure è necessario rilanciare la sfida su
un terreno di costruzione di nuova legalità dal basso, di riappropriazione
dal basso e di rovesciamento concettuale delle stesse categorie della
sicurezza e della pace sociale.
Per questo le ronde para-governative per la sicurezza ci fanno schifo e per
questo andrebbero praticate una sorta di controronde che intralcino il
lavoro di queste milizie governative, ma anche e soprattutto che si
configurino come ronde contro il carovita – come già avviene a Roma ad
opera dei compagni di Action – per denunciare gli speculatori del
commercio, ronde contro il lavoro nero e il caporalato, per denunciare e
sanzionare dal basso i covi più disumani dello sfruttamento, ronde contro
l’omofobia, il razzismo, la precarietà, la devastazione ambientale.
Ronde cioè in grado di attivare e organizzare energie e consenso sociale
per sfidare l’egemonia culturale della destra, di passare dalla difesa
dello status quo alla controffensiva sociale.
Non basta dire, posate i bastoni contro gli immigrati: piuttosto
bisognerebbe organizzare questa insofferenza contro coloro i quali
realmente ci rendono ogni giorno la vità più insicura, precaria e
insostenibile.
E’ un impresa difficile? Certo, molto più difficile e complessa del mero
assemblamento elettorale di segmenti e pezzi di ceto politico preoccupati
della sopravvivenza di se stessi, in quanto autoproclamatisi rappresentati
e altrettanto autoproclamatisi di sinistra, protesi a ribaltare di fatto i
ruoli e funzioni,  con l’azione e il conflitto sociale ridotti a strumenti
funzionali all’allargamento degli spazi di rappresentanza politica e non
viceversa.
Ben vengano quindi non tanto gli amministratori illuminati che intralciano
e boicottano la nascita delle ronde, ma anche e soprattutto coloro i quali
avranno il coraggio di istituzionalizzare le ronde popolari contro il
razzismo, il carovita, il lavoro nero, le quali però non nascono e si
sviluppano per decreto ma nella forza del radicamento sociale e nel
coraggio di sporcarsi le mani.
La sfida sul terreno della tanto decantata democrazia partecipativa si
gioca anche su questo terreno.
Si può anche scegliere di non intraprendere questo terreno di sfida, vuoi
per una valutazione dei rapporti di forza o per un principio legalitario
ancora molto radicato anche nella sinistra cosiddetta radicale.
Ma anche in questo caso resta il problema di come contrastare e combattere
l’istituzione delle ronde para-governative, tenendo presente che
un’opposizione parlamentare nelle mani di Di Pietro o del PD rischia di
dare semplicemente un ulteriore contributo peggiorativo in sede di
conversione.
Le controronde anche su questo piano sono l’unico strumento a disposizione
per smacherare, attraverso la rottura dell’unidimensionalità, la  presunta
neutralità dietro la quale i partiti di governo cercano di nascondere la
matrice politico-xenofoba che sottende questa istituzionalizzazione,
spacciandolola come "sicurezza partecipata per il bene comune": una vera e
propria opera di profanazione, direbbe Agamben, che tenta di inserirsi nel
cuore dei meccanismi di riproduzione del dispositivo, al fine di mostrarne
non solo la falsità ma soprattutto la matrice intrinsecamente politica da
cui scaturisce.
Potete strarne certi, dinanzi a controronde sociali saranno gli stessi
benpensanti che oggi guardano con indifferenza e anche tacito consenso
all’istituzionalizzazione delle ronde che grideranno allo scandalo contro
questo “far-west” e si attiveranno in prima persona per smantellare ogni
sorta di ronda al di fuori della legalità.
Perchè la guerra tra i poveri la possono pur sempre fare, ed anzi in tempi
di crisi è anche da sollecitare, ma se qualcuno tocca i privilegi, pur
sempre la polizia bisognerà chiamare.
Francesco Caruso


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