VERITÀ E GIUSTIZIA PER STEFANO CUCCHI

A.C.A.B.
VERITÀ E GIUSTIZIA PER STEFANO CUCCHI
“Se mi difendono chi mi difende da loro? Io non mi fido mai, mi difendo da solo”
(Aban – da “Lettera a uno sbirro”)

Stefano Cucchi non è morto. Stefano Cucchi è stato ucciso. Cominciamo con lo stabilire una verità
elementare, che la parola “morte” altrimenti renderebbe troppo vaga. Morte accidentale? In un certo senso sì,
perché accidentale è stato il suo incontro con i carabinieri. Un regolare controllo – come a tutti può succedere
camminando in città, soprattutto la sera – trasformato poi in fermo, arresto e pestaggio.
Il problema sta tutto qui, Stefano non è deceduto perché aveva della marijuana in tasca, ma perché ha
incontrato dei carabinieri che su di lui hanno eseguito una sentenza di morte. La divisa che indossano – di
fatto – glielo permette senza dover correre troppi rischi.
L’Italia è un paese dove da sempre le forze dell’ordine godono di una straordinaria ed efficiente impunità.
Un’impunità garantita non solo da uno spirito di corpo fascisteggiante, ma anche da protezioni politiche. Chi
guarda la sicurezza dal basso verso l’alto sa che chi ha fatto la legge Fini – equiparando droghe leggere e
pesanti, consumo e spaccio – è lo stesso Governo che in cambio di puttane e cocaina concede favori politici.
Sa che per gli scontri al G8 di Genova i manifestanti sono stati condannati a quindici anni di carcere, mentre
il carabiniere Placanica non è stato neanche processato e che Spaccarotella – il poliziotto che ha ucciso a
Gabbo – se n’è beccati sei con prescrizione assicurata. Sa anche che nella nostra ridente città di provincia i
carabinieri si sono distinti per pestaggi che per ben due volte ci hanno portato a manifestare l’indignazione
sotto la loro caserma.
I
n Italia davanti a conflitti politici o disagi sociali si risponde solo con la punizione: multe, denunce, processi,
botte e carcere. Sono 1.531 i morti nelle “patrie galere” dal 2000 ad oggi. Nel 2008 sono morti 142 detenuti,
dei quali 46 suicidi. Nel 2009, fino al mese di ottobre, ne sono già morti 148, di cui 61 suicidi. Una media di
150 all’anno. La maggior parte sono giovani, vittime della povertà o di leggi proibizioniste.
I
n Italia ci sono luoghi dove il diritto, la tanta famigerata legge e la tanta evocata sicurezza non esistono o
sono temporaneamente sospesi. Quanti Cucchi, Aldrovandi o Bianzino accadono senza che nessuno ne
venga a conoscenza? Quanti abusi, violenze e soprusi avvengono dentro un commissariato, una galera o un
Centro d’Identificazione e Espulsione (CIE ex CPT ) senza che nessuno ne sappia nulla? Quanti uomini in
divisa pagano per aver offeso la dignità e il corpo di un essere umano?
I
n Italia “sicurezza” vuol dire completa separazione tra giustizia e legge, dove la prima fa rima con diritto e la
seconda con abuso. Ed è facile che di abuso in abuso prima o poi ci scappi il morto.
Non ci stancheremo mai di ripeterlo, sicurezza non è militarizzazione, repressione, controllo e punizione.
Sicurezza è la garanzia di un reddito, di una casa e di un lavoro. Sicurezza non è paura: è dignità.
Stefano Cucchi, Aldo Bianzino, Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri, Carlo Giuliani e molti altri sono stati
uccisi dalla sicurezza. I mandanti siedono ancora in comode poltrone in Parlamento e gli esecutori
pattugliano ancora le strade delle nostre città.
Stefano Cucchi, Aldo Bianzino, Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri, Carlo Giuliani e molti altri esigono
verità e giustizia. E questo dipende anche da tutti noi.
MEZZA CANAJA


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