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Fabriano (An) – Aspettando Letta. Azione comunicativa alla Coop. Re-Novo

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Intervista a Angeletti Veronique sui 41 lincenziamenti alla ex Vainer di Serra Sant’Abbondio

(Prima parte)

(Seconda parte)

GLI ZOMBI INDUSTRIALI NEL CREPUSCOLO DEL “DISTRETTO” Il COLLASSO DEL CALZATURIFICO VAINER

Per qualche verso, l’ultimo atto della crisi dello storico marchio delle calzature Vainer (nei tempi d’oro poteva contare su una manovalanza di oltre mille operai su diversi stabilimenti in più regioni per oltre un milione di paia di scarpe prodotte), risulta paradigmatico del collasso del modello produttivo marchigiano, articolazione meridionale dell’incensato sistema industriale dei distretti tipico del nord est, polmone produttivo del paese. Un sistema che ha basato le proprie fortune non su una innovazione di prodotto ma su una applicazione particolarizzata, adattata alle situazioni geografiche sociali, di sistemi produttivi più adeguati al far east asiatico che alla quinta potenza industriale del globo. Capitalismo industrial-familiare innestato su un sistema bengalese di contoterzismo, bassi salari e frequente evasione fiscale e contributiva, assistenzialismo statale e bancario, endemica ipocapitalizzazione e scarsa propensione all’export. Una miriade di piccole-piccolissime imprese più abituate a fare “clan” che sistema. Una giungla imprenditoriale cresciuta all’ombra dei grandi marchi assistiti generosamente dallo stato il cui unico “core-businnes” era la raccolta delle briciole. Organizzazione che non ha retto allo shock competitivo portato diretto della globalizzazione: i “grandi” del mercato sono economicamente sopravvissuti esternalizzando dall’oriente europeo alla Cina, per gli altri è iniziata l’agonia.

Sarebbe ingeneroso parlare di copia incolla per il collassi industriali della regione. Non è corretto accostare la situazione della Best di Montefano all’agonia dell’impero della famiglia Merloni alle ruberie generalizzate dell’associazione a delinquere “Italfilter” con i selvaggi valzer di assetti proprietari della sentinate Vainer.

Come le facce di un icosaedro tutte queste crisi sono lo specchio variegato e multiforme di un sistema capitalistico rapace ed egoistico che, dopo aver cercato di annichilire la naturale propensione solidaristica tipica delle genti rurali e della montagna, ha fatto leva sui peggiori sentimenti sociali innescando meccanismi ora di lotta fratricida, ora di consociativismo becero e mafioso. Sistema economico che ha plasmato una intera classe politica (con il presidente della regione di diretta di discendenza dai desk dirigenziali del principale impero industriale locale e il vicepresidente, ex capo del personale dell’azienda del fratello) e ha piegato le organizzazioni sindacali a volte annientandole a volte acquisendole mediante privilegi e prebende. Tra le macerie del collasso decine di migliaia di lavoratori appesi ai rinnovi delle casse integrazioni, come gli antichi egiziani alle piene del Dio Nilo.

Nel nostro percorso politico verso una costruzione partecipata di un modello di sviluppo socialmente e ambientalmente sostenibile vogliamo dedicare degli attimi di riflessione ad ogni piega di questo riassetto di poteri chiamato crisi. Oggi iniziamo il percorso d’inchiesta con questa nostra videointervista a Veronique Angeletti, giornalista e attenta osservatrice del nostro presente sulla ultima crisi dello stabilimento di calzature Vainer di Serra Sant’Abbondio (PU)


Rap dello sfratto


Tentativo di blocco dello sfratto a Sassoferrato(AN)

La casa è un diritto, lo sfratto è un delitto

Consultando qualunque organo di informazione è possibile reperire comunicati sulla “fine della crisi economica” e a vedere i benefit milionari autoassegnatesi da banchieri e magnati della finanza, sembrerebbe che proprio non ci sia mai stata.

Ma se proviamo a scendere nel dettaglio ci accorgiamo come la crisi morda la vita di migliaia di persone e soffochi qualsiasi ipotesi di sviluppo e miglioramento.  Tanto più nei nostri territori destinati da una politica miope ed interessata  alla monocoltura industriale del bianco.  Se la globalizzazione aveva posto severi limiti alle possibilità di sviluppo di una porzione di un territorio sociologicamente più vicina al sud est cinese che all’occidente fin dalla fine degli anni 90, la crisi finanziaria ne è stata il colpo di grazia.

Non c’e bisogno di master in sociologia alla Bocconi per interpretare gli incrementi a due cifre dei pignoramenti, delle sofferenze e degli incagli dei prestiti bancari, il sorgere violento del fenomeno della morosità dei fitti e dei conseguente sfatti.  Gente per la strada, famiglie che dormono in auto, beni pignorati. 

E’ la crisi che genera la lotta ed è per questo anche qui ,nelle decadenti periferie dell’ex impero merloniano, nascono movimenti  che mettono il sociale al centro.  Nascono con una rapidità e radicalità proporzionata solo alla violenza del massacro sociale in corso.  Nascono per dare risposte dirette ed immediate.  Nascono non per porre accademicamente alle elitè  problematiche sociali sperando nella loro caritatevole intercessione: nascono per dare risposte. Al diritto alla casa, al reddito, ad un modello che di sviluppo che salvaguardi la qualità della vita. Nascono nel sociale e fuori dalla finta politica del palazzo, non accettano ne mediazioni ne deleghe.  E danno risposte autorganizzate.
 

In ogni luogo. E se qualcuno pensava che i movimenti per la casa potessero nascere e prosperare solo nelle banlieu romane pensava sbagliato.  Dove c’è una crisi deve nascere un conflitto. Per questo stamattina i militanti dei movimenti per la casa del nostro territorio si sono ritrovati già dall’alba a presidiare l’abitazione di un disoccupato, uno dei tanti, non più in grado di pagare un fitto, minacciato dall’esecuzione di un provvedimento di sfratto.  A Sassoferrato, ma è già successo a Fabriano, potrebbe succede ovunque.  




















DI SANA E ROBUSTA COSTUTUZIONE….

Sabato 30 gennaio 2010, nel plumbeo e piovoso pomeriggio le i compag* del network sociale Squola hanno presenziato (in maniera massiccia e visibile) al presidio indetto in P. Battisti di Pergola PU dal "popolo viola" cittadino. Dopo una franca e aperta discussione sul merito (una piazza a difesa della Costituzione) e sulla forma (ma chi è stò ..popolo viola??) abbiamo deciso di esserci e di dare un nostro senso a quella piazza. Oltre l’intervento, che troverete qui di seguito, i compagni di Ya Basta e ANPI Valcesano hanno allestito due infoshop.
La Costituzione chiude un ciclo, quello della lotta antifascista nel ventennio e poi la resistenza armata al fascismo e ne apre un altro. Un ciclo di lotte sociali che in qualche modo ha riempito di contenuti quello che altrimenti sarebbe uno sterile libretto.
Non siamo feticisti: quello che ci interessa sono il concentrato di valori e diritti portato di una lotta sociale radicale, anche armata e violenta e le possibilità di espansione di questa sfera ma soprattutto la possibilità insita nella carta di una trasformazione radicale nel senso della giustizia sociale, della libertà, dell’eguaglianza.  E ci interessa lo strumento: la lotta sociale e la partecipazione democratica.
Questo è il senso della nostra presenza qui.

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Una casa per tutte/i…NO AGLI SFRATTI!

Questa mattina, sabato 9 gennaio, "prima uscita" del Coordinamento Anti Sfratto del Centro Sociale Autogestito Fabbri; è stato fatto un presidio in Piazza del Comune dove sono stati distriubuiti più di cinquecento volantini  in cinque differenti lingue.

NUMERO ANTI SFRATTO

3389944473


Contro la crisi:

BLOCCO DEGLI SFRATTI

In questo periodo in cui il nostro territorio sta vivendo una profonda crisi, solo in parte legata a quella del capitalismo mondiale, è in costante aumento il numero delle persone, italiani e non, che hanno perso il posto di lavoro o che rischiano presto di perderlo. C´è poi da considerare "l´esercito" dei cassaintegrati che, ad oggi, si trova in mano una busta paga di molto ridotta e che,se le cose non miglioreranno, rischierà in futuro di perdere anche quel minimo gettito mensile.

(continua)


Lutto nazionale


Laureato in matematica e fisica ma da anni precario e con un’occupazione da muratore, si è tolto la vita perchè la ditta edile nella quale lavorava si è vista costretta a ridurre il personale. Si è sparato un colpo al petto un quarantanovenne residente a Sora.

A trovare l’uomo, questa mattina, è stata la moglie insospettita dal mancato rientro del marito a casa e dal fatto che dal balcone vedeva la sua auto parcheggiata in cortile, un’abitazione di Via Facchini. La donna è scesa ed ha notato il corpo dell’uomo sul sedile.

In un primo momento ha creduto stesse male e poi quando si è resa conto della tragedia ha immediatamente dato l’allarme. Inutile ogni soccorso.

L’uomo, che fino al 2000 ha lavorato come vigilantes in un istituto di sicurezza, da otto anni si arrangiava con lavori saltuari, contratti a tempo determinato presso il Comune e presso alcune ditte in attesa della chiamata per l’insegnamento. Ieri l’epilogo di una situazione economico-finanziaria e psicologica ormai devastante: la ditta, dove era impiegato come muratore da un paio d’anni, ha comunicato al quarantanovenne che da lunedì non avrebbe più lavorato.

Sull’episodio indagano gli agenti del Commissariato di Sora. La Procura della Repubblica di Cassino ha disposto il sequestro della salma che quasi certamente verrà sottoposta ad esame autptico. L’uomo ha lasciato due bambini di sei e tre anni.