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CHI CAVALCA, OSCENO, SULLA (NON) CAVA DEL BIFOLCO?

Quella del Bifolco non era una battaglia che potevamo perdere, come spesso succede quando la posta in gioco è troppo grande. Se fosse passato il criminale progetto di devastazione, con i suoi svariati chilometri cubi asportati e una strada che attraversava la montagna che era una cava in se stessa, le cisterne e il deposito esplosivi sulla Bevilacqua, la zona sarebbe passata nei progetti di amministratori lontani ed inquisiti, come “area a vocazione escavativa” e nessuno avrebbe potuto fermare i rapinatori a Col d’Orso, a Madonna del Vado a Montevecchietto di Serra. Crateri progettati con infame lucidità da una classe politica sconfitta dalla storia e che speriamo che una magistratura non zerbina ce ne liberi definitivamente. Noi non auspichiamo mai il carcere, per nessuno. Noi sappiamo che quelle bare di cemento non sono altro che la discarica sociale che un sistema criminogeno usa per nascondere il frutto avvelenato del proprio fallimento. A noi interessa che i cavatori del Bifolco, i tecnici e i consiglieri provinciali che si scambiavano mazzette giocando con il nostro futuro siano estromessi definitivamente dalla gestione del “bene pubblico”. Al limite qualche paia di robuste braccia potrebbero far comodo per le ripiantumazioni sui crateri della Cava UNICEM. Il progetto criminale era raffinato ed elaborato. Dopo aver costruito un devastante impianto di frantumazione inerti che doveva servire tutte le cave che avevano progettato, abbiamo visto miopi e complici amministratori andare in convegni regionali a perorare altre cause perse. Come quelle di fantomatiche “pedemontane” dove far correre i loro camion carichi di breccia. Il Bifolco era la chiave di volta del loro progetto ma era anche la nostra Stalingrado.

Abbiamo ricevuto diffide, denuncie, chiusure. Ci hanno scippato uno spazio sociale per donarlo ai ragni pur di depotenziarci. Abbiamo scavato le nostre trincee nei banchi dei tribunali e bunker nelle assemblee. Come su quel  fiume asiatico nel 1943, avevamo davanti il nemico e dietro il nulla.

E noi sappiamo di chi è il merito. Della popolazione che si è sollevata in difesa della propria terra e si è sollevata perché sensibilizzata da organizzazioni politiche non convenzionali e non colluse con le mafie delle ruspe. Stessa cifra di non convenzionalismo “anti sistemico” che nutre le reti dei comitati della provinciali.. Cittadini  solidali e con grande voglia di partecipazione. Impossibile vincere questa articolata battaglia senza il contributo dei tecnici, dei coordinatori, dei legali. Tutte le compagne e i compagni del movimento regionale, sempre vicini ma soprattutto nei momenti dei processi, anche economicamente. Il sostegno, anche se solo ideale, dei militanti dell’ambientalismo. Nessun grazie: la nostra idea è di condividere insieme questa gioia.

E poi gli osceni, fuori dalla scena. Gente che ci ricorda che questa è comunque la nazione dei “tutti partigiani dopo il venticinque aprile, dei tutti democratici nascondendo il fez”. Cavalcano oscenamente speculando su questa situazione. Residui fossili della rappresentanza che deambulano sulla scena mediatica assistiti dai loro servitori mascherati da “apolitici”. Infimi spettacoli istituzionali agiti da pessimi personaggi in cerca di notorietà. “Armiamoci e partite” e da subito inizia l’assalto alla diligenza per avere almeno il ruolo di giocoliere di corte ma sul carro dei vincitori. Il peggio del cerchiobottismo nostrano sgomita. Tutti vincitori.

Da Piazza del Popolo a Piazza Tahrir comprendiamo che siamo ad un crepuscolo. E lo capiamo perché anche i nostri nostrani “nani” gettano lunghe ombre. Il giorno è al tramonto.

Li aspettiamo nella Notte.

LA STORIA INIZIA  QUANDO INIZIA  UNA RIVOLUZIONE

Squola.org


NON FATECI GIRARE LE PALE! – 27 MARZO 2011

Quanto è alta una pala eolica di 150 mt?


DOMENICA 27 MARZO 2011

dalle ore 10,30 in poi

nella suggestiva location dei Piani Rotondi di Montevecchio di Pergola

 

verrà liberata una mongolfiera fino ad un altezza di 150 mt

(per capire l’effetto che fa una pala eolica sopra le proprie teste),

si pranzerà

si godrà del paesaggio insieme

 

Cittadini, comitati, associazioni del territorio si riuniranno per ribadire ancora una volta fortemente il NO al Progetto del PARCO EOLICO DEI PIANI ROTONDI.

 

Quel parco eolico che un gruppo di Progettisti esperti in energia eolica coadiuvati da qualche esperto in Delibere sta cercando di realizzare in uno dei più bei siti della Regione Marche.

 

Un programma all’insegna del vento, organizzato dal Comitato Cittadino “Eolico trasparente” e dal Network Squola Pergola, che comincerà già in mattinata alle 10e30 per discutere insieme del devastante progetto e delle conseguenze che porterà al territorio e ai suoi abitanti.

 

Ne prima ne ora nessuno tra i nostri amministratori si è preoccupato delle popolazioni del posto, dell’impatto sul territorio, della configurazione geologica quasi unica in Italia, delle abitazioni che distano pochi metri dalle torri, del fatto che studi scientifici hanno dimostrato il grave danno alle persone ,agli animali, ecc. Basta un progetto fatto da una Società venuta da chissà dove per modificare per sempre un territorio, svilire e disperdere una popolazione,distruggere un paesaggio ? Bastano qualche migliaia di Euro per distruggere tutto?

 

Torri eoliche alte come grattacieli installate un po’ dappertutto ormai in Italia e nei crinali appenninici, sull’onda di un generale e giustificato clima di euforia per le fonti energetiche rinnovabili, clima che però non dovrebbe mai prescindere dal rispetto di criteri di compatibilità col territorio nel quale gli impianti vengono calati e di rispetto, non soltanto formale, di un BENE COMUNE come il paesaggio tutelato dall’art. 9 della Costituzione.

l’acqua non si vende / l’aria non si compera

Squola Spa
Comitato cittadino “eolico trasparente”


PUGNI CHIUSI PER IL PARTIGIANO PISTOLA!!

PUGNI CHIUSI PER IL PARTIGIANO PISTOLA!

le nostre bandiere sono ancora al vento
muore un partigiano
NE NASCONO ALTRI CENTO!
Gianfranco Pistola, un Uomo del presente

Prima o poi sarebbe dovuto accadere che il tempo e le sue leggi avessero la meglio anche su una persona della tenacia e della voglia di vivere come Gianfranco, partigiano, Presidente dell’ANPI di Falconara, amico e compagno.
E’ un vuoto incolmabile che ci assale e ci lascia tutti più tristi.
Una perdita collettiva e personale per ciascuno di noi, per la Città di Falconara, per un intero territorio, per tutto quello che Gianfranco ha rappresentato negli anni, e per tutto quello che con straordinaria onestà e semplicità Gianfranco era veramente.
In questi tempi di crisi, di miseria morale e di devastazione sociale, ma anche di grandi lotte e di rivendicazioni di dignità, Gianfranco ci mancherà, e la sua assenza è un peso incommensurabile, senza eguali, irrimediabile.
Come senza misura e senza pari è stata la sua storia personale umana e politica.
Nel nostro piccolo, come ragazzi e attivisti del centro sociale di Falconara, ci sentiamo felici e fortunati per averlo conosciuto e per aver condiviso con lui tanto.
Sentimenti questi che ci appagano e consolano nella tristezza di oggi e ci spingono al dovere di ricordarlo e di cercare di trasmettere anche solo una piccola parte di questa esperienza e di questa mole di ricordi alle nuove e prossime generazioni.
Perchè Gianfranco, da uomo eccezionale qual era, ci ha lasciato tanto, a suo modo, e l’unico maniera per ripagare questa preziosa eredità ci pare quella di essere parte nel ricordare e praticare, oggi ogni giorno e sempre, quei valori…

Nessun altro come Gianfranco ha conosciuto tutte le generazioni di giovani che si sono succedute e hanno animato la storia quasi ventennale del nostro centro sociale. Per tutti, per chi oggi ha quarant’anni come per i più giovani  e giovanissimi, Lui era ed è la Resistenza. Nel suo viso forte e segnato dal tempo riconosciamo il portato di quegli ideali di lotta e di liberazione che tanto amiamo e che rappresentano anche oggi il nostro metro di comportamento, di giudizio, di azione, di discernimento tra il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso.
Senza nessuna nostalgia, contro ogni revisionismo.
Nessuno come lui è riuscito ad impersonare l’essere partigiano, l’essere radicalmente di parte, eppure e nel contempo un esempio per tutti, un interprete di valori così essenziali e veri capaci di universalizzare quella meravigliosa parzialità.

Oggi non c’è la voglia nè per i grandi discorsi, nè per la retorica, nè per la polemica.
Oggi ricordiamo e vogliamo condividere nell’intimità tutti quei momenti, piccoli  e grandi, che ci terranno uniti sempre:
tutte le volte che dopo le celebrazioni e il pranzo coi partigiani del 25 aprile il Pistola passava al Kontatto per continuare a conoscere e capire, ancora alla sua età, e per partecipare al 25 aprile dei giovani antifascisti;
i comunicati scritti con lui al computer di casa sua, dove annotava con precisione ogni evento dell’Anpi di Falconara, retaggio della disciplina resistenziale che gli era propria, che voleva tutto essere preciso, annotato, per i posteri;
le sue tante partecipazioni ai nostri cortei, anche nei momenti più difficili, ad infonderci, col suo fare, la tranquillità e la fermezza, di chi sa di essere dalla parte giusta, ieri come oggi;
l’idea  e la pratica del Falkatraz al Parco Kennedy il 25 aprile per socializzare la Festa della Liberazione, anche oltre l’ufficialità, comunque importante, per non rinunciare alla radicalità dell’antifascismo, trovando modi sempre nuovi per dargli spinta vitale, per farlo essere patrimonio di tutti, e mai solo di una parte;
le tante risate, le tante battute davanti ad un bicchiere di vino e con le sue consuete e immancabili sigarette, perchè Gianfranco era un uomo spassoso, divertente, che amava la vita, i giovani, la sua Città e la sua storia. Il Pistola era un uomo del presente e non ci rassegniamo, nemmeno ora, di parlarne al passato.

Oltre 70 anni fa quest’uomo ha combattuto i fascisti e partecipato alla Liberazione e alla Costituzione di quelle libertà di cui tutti oggi possiamo godere, che riverberiamo nelle lotte di oggi, perchè, pur messe in discussione, non si spengano.
Ma la cosa più bella è che per chi ha avuto l’onore e il piacere di conoscerlo, Gianfranco, era davvero un uomo del presente.
Così umano, con tutti i pregi e difetti propri della nostra natura, da far apparire il mito della resistenza e dell’essere partigiano che Lui, come nessun altro, impersonava, come cosa semplice e alla portata di tutti.
Così presente, da essere sempre sceso dai piedistalli della retorica e delle celebrazioni ufficiali, per vivere nelle contraddizioni di oggi, e di questa nostra Città.
Sei stato impareggiabile e senza eguali, con tenacia e semplicità, un esempio vero in questi tempi tristi e mediocri, che sapremo rivoltare come la tua generazione ci insegna.
Ne abbiamo fatte tante insieme, tante ne faremo grazie a te, portandoti nel cuore.
!Falkatraz Resiste!

I ragazzi e le ragazze del CSA Kontatto di Falconara


NESSUNA CAVA AL BIFOLCO!! UNA VITTORIA DI SQUOLA

L’avevamo scritto e ne eravamo convinti, sulla cave del Bifolco giocavamo grosso. L’avevamo detto, era la Stalingrado dell’Ambiente dell’entroterra.

Cinque anni di lotte, anche dure. E’ di ieri sera la notizia che la corte dei conti, massimo tribunale amministrativo, abbia definitivamente sentenziato che l’area dove doveva sorgere la cava del bifolco a Bellisio (Pergola PU), sia considerata di grande pregio ambientale e, come tale, non possa essere sottoposta ad attività estrattiva. Per ora non sappiamo molto di più se non che su questa battaglia, ma soprattutto su questa grande VITTORIA, in tanti proveranno a cavalcarla. Sarebbe una battaglia persa in partenza tenere amministrazioni e partiti, compiacenti, conniventi quando non complici (di una vicenda che ha risvolti anche tragicamente penali) dei cavatori, lontano da questa storia. Ma forse nemmeno ci interessa. Quello che interessa a noi è l’aver preservato un angolo di questo nostre grande Bene Comune che è il nostro territorio, perché possa essere la vera chiave di volta nel progetto di sviluppo a cui stiamo lavorando in maniera partecipata e trasparente, oppure, semplicemente, perché dalla valle del Cesano si possa guardare verso il Catria senza dover ammirare un cratere.  Questa Vittoria non è stato un dono di entità ultraterrene o aliene. E’ il frutto di una lotta politica pluriennale che, a suo modo, inciderà nella storia  sociale di questi territori. Una lotta politica che farà, se già non è già,  storia. Una lotta iniziata tra le mura di un centro sociale, sgomberato per questo motivo, ma che a saputo riscattarsi. Un riscatto passato nella rete di un lavoro politico ostinato, capillare, lasciatemi lodarCi. forse intelligente. Che sicuramente indicherà una via, di riscatto appunto. Non mi sento di ringraziare ne politici ne istituzioni. Mi sento invece di festeggiare innanzitutto e condividere con i miei compagni del collettivo, questo momento di soddisfazione. Ma anche con i cittadini di Bellisio e  con i curiosi militanti del Comitato Cittadino. Con i nostri compagni del movimento e con i vivaci cittadini della rete dei comitati provinciali, con le importanti associazioni ambientaliste. Una lotta.. Ignorante, nel senso più dialettale che sia possibile. Dove i Più Ignoranti hanno vinto. Ai Compagni, all’Ignoranza di Giampiero e dei bellisiani, a Luca, che nel luglio del 2005 ci disse “la combattiamo, ma è una guerra persa” e anche all’anonimo mandatario dei cavatori che venì ad offrirci un furgone  otto posti usato, in dono, se avremmo desistito dalla lotta. Non l’abbiamo accettato ma abbiamo viaggiato comunque. Eccome!

Nessuno verrà a RUBARCI LA BELLEZZA,  perché LA CAVA DEL BIFOLCO LA CHIUDIAMO CON IL FUOCO/ CON LE RUSPE DENTRO  perché se no, E’ POCO!!

AccacciElle


TIRA UNA BRUTTA ARIA! – NO AL MAXI EOLICO

no al MAXI EOLICO

GUARDA IL VIDEO

TIRA UNA BRUTTA ARIA..”NO AL MAXI EOLICO SUL “PIANO ROTONDO” A PERGOLA!
Se avessimo avuto i soldi di multinazionali, come la Merloni Energia, avremmo acquistato pagine sui quotidiani nazionali o sulle tv commerciali, se avessimo avuto studi legali e di consulenza tecnica come chi “burattina” dietro le fattorie del vento e tutte le varie società fittizie, avremo sommerso uffici comunali e procure di ricorsi (che comunque facciamo), se avessimo conoscenze importanti avremmo parlato con le “persone giuste” per evitare la realizzazione di un mostruoso parco eolico dotato di 10 piloni di 150 metri d’altezza su uno dei crinali collinari più belli di questo, disgraziato, angolo di entroterra. Strade di servizio, elettrodotti, centraline di scambio, sbancamenti per centinaia di migliaia di metri cubi di terreno appena più a sud dell’ormai famigerata “Sun” Lorenzo in Campo, dove la rapacità di imprenditori capaci solo di far soldi speculando sugli incentivi pubblici e la compiacenza di una giunta comunale inerte quando non complice, ha trasformato uno degli ambiti a più spiccata vocazione agricola in una sterminata distesa di specchi fotovoltaici senza soluzione alcuna di continuità.

Ma noi non abbiamo ne i soldi, ne le conoscenze, ne gli studi legali.
Noi però abbiamo un sogno: vivere su questa terra. Vivere, non sopravvivere. Vogliamo poter partecipare con le nostre idee e i nostri progetti, allo sviluppo, sostenibile e partecipato, di questi territori.  L’ambiente per noi non è un vezzo da salotto borghese, ne una simil fede da pasdaran verdi, è l’unica carta da giocare per poter continuare a vivere su questi territori. Ed è per questo che difenderemo la nostra terra contro i mostruosi mulini a vento della “garbino eolica” con la stessa forza della ragione con cui abbiamo fermato i buldozer e le mine dei cavatori.

TIRA UNA BRUTTA ARIA IN ALTA VALCESANO
Per noi, sabato 5 febbraio 2011, è iniziata la “campagna di primavera”. Le militanti e i militanti del Network Sociale Squola Spa, dopo aver realizzato uno striscione di 25 metri quadri grazie alla sapienza e all’impegno di tecnici del settore delle confezioni di alta moda, con un sapiente lavoro di squadra tra alpinisti, speleologi, fotografi e semplici portatori, lo hanno posto a circa 50 metri d’altezza sopra la strada che unisce la valcesano al fabrianese. Lo striscione che garrisce sulla falesia ovest (Madonna del Sasso) del Monte Romano di Bellisio, (si proprio quello che doveva essere smontato dai cavatori) e ricorda che iniziata la campagna di mobilitazione per fermare l’ennesima speculazione. L’appuntamento per tutte e tutti è all’assemblea pubblica sul tema convocata per VENERDI 11  FEBBRAIO ore 21  a  San Vito sul Cesano.
Li fermeremo con la forza delle nostre idee e la violenza dei nostri sogni.
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SQUOLARI e OPERAI manifesta fiom Ancona 28.1.11


Cesare Battisti e la Vendetta dello Stato

Probabilmente risulta essenziale, allo stato dei fatti, chiarire a noi e forse ai compagni più giovani, che questo paese è stato attraversato da una guerra civile e una rivoluzione fallita, tra il 1969 e la metà degli anni ottanta. Se non si chiarisce questo passaggio, prima storico che politico, manca lo scenario di fondo per  un chiarimento, ben lungi dall’essere risolutivo, su quegli anni e sui tragici fatti legati alle stragi di stato e all’insurrezione armata. Senza delineare questo quadro di fondo mancano gli elementi per decriptare l’isterica propaganda politica manettara e forcaiola che traborda dai media borghesi, che striscia negli ambienti politici, che attiva gli elementi più beceri e reazionari che, da sempre, si annidano nel ventre purulento di questo stato e di questa nazione.

Lo Stato reagì al tentativo di riforma democratico della fine degli anni sessanta con i metodi del terrore, del carcere e della repressione. La castrazione delle istanze democratiche di trasformazione sociale generò naturalmente una resistenza armata con ambizioni rivoluzionarie. La mediazione che portò alla costituzione repubblicana del 1948, nel 1969, saltò. Troppo diverso il quadro internazionale che vedeva l’Italia caposaldo della cintura sanitaria costruita nel dopoguerra per arginare il pericolo sovietico. Gli americani non potevano tollerare che uno dei suoi più strategici stati fantoccio potesse essere messo in crisi da poteri che fuoriuscivano dal ristretto ambito atlantico-borghese. E fu il tempo delle bombe ei vagoni, nelle stazioni e nelle caserme. Dei morti nelle piazze, degli infiltrati, delle fucilazioni, dei pestaggi delle leggi speciali e dei teoremi Calogero.

Fu il tempo delle organizzazioni armate di massa.  Inquadrate militarmente nelle colonne brigatiste o provenienti dallo “spontaneismo armato” dei Proletari Armati per il Comunismo in cui, appunto, militò Cesare Battisti. La sconfitta, perché e di questa che è bene parlare, fu politica. Quella militare ne fu una conseguenza. Tutte le guerre finiscono con un armistizio. I cinquemila morti di quella guerra ancora l’aspettano. L aspettano i quasi 300 detenuti per motivi politici delle carceri italiane, la aspettano da più di trent’anni. Aspettano i parenti delle vittime, la temono i carnefici. Il grande rimosso storico della repubblica “delle banane” italiana. I fantasmi di quella stagione popolano ancora i sogni e l’immaginario della borghesia italiana.

Cesare Battisti è un fantasma. Svestito dall’umanità di un essere umano, rivoluzionario di una stagione di insurrezioni per scelta e esule per due terzi della sua disgraziata esistenza, Battisti ha assunto l’aurea di un incubo per le  classi dominanti vacillanti sotto i resistibili venti della globalizzazione. Una isteria che si alimenta nella paura e nel rancore.

Cesare è stato condannato avendo come unica prova due infami, che dopo aver scelto la strada della lotta armata, lo denunciarono, una volta catturati per un’altra soffiata di loro compagni di merende, sperando nella pietà dello stato per i delatori. La famosa legge sui “dissociati”, 4 nomi e scompariva la condanna per anni di eversione armata contro i poteri dello stato. Una legge, appunto, per infami.

Il tipone in sedia a rotelle che appesta in questi giorni le nostre televisioni è uno che è stato gambizzato dal padre, che in un’altra delle sue epiche uscite degne di uno spaghetti western aveva impiombato dei ragazzi in una pizzeria perché riteneva che potessero insidiargli dei gioielli che non era riuscito a vendere in una vannamarcata dell’epoca.

Che la destra cerchi di attirare l’attenzione mediatica sul caso Battisti è  comprensibile, onde distogliere l’opinione pubblica da una crisi epocale, dal proprio collasso politico, dai milioni di persone sulle piazze e in cassaintegrazione, dagli alpini che continuano a tornare a casa orizzontali rollati in tricolori sbiaditi. Perché anche gli altri si uniscano al macabro coro mi rimane ancora sconosciuto. Sui riti masochistici di quella che si ostinano a chiamare sinistra ho smesso di interrogarmi da tempo.

Ammetto che da un riformista come Lula uno scatto d’orgoglio come quello, sinceramente, non me lo aspettavo. Magari più dalla suo successore che ha conosciuto lotta armata, carcere ed esilio.

Patetiche sinceramente mi appaiono le minacce rivolte al Brasile.  Tra tre giorni, i veri poteri nazionali (finmeccanica e sui appalti miliardari di ammodernamento dell’apparato bellico brasiliano) avranno ricondotto a più miti consigli i riottosi e il parlamento ratificherà l’accordo militare con il paese americano.

Sul grip sociale di tale vicenda le telecamere sono state impietose. 4 gatti ai presidi (2 fascisti e 2 consiglieri circoscrizionali coscritti a forza tra i manifestanti).

Chi si ricorda il furore diplomatico con cui l’italia ha chiesto al Giappone l’estradizione di Delfo Zorzi, che nel paese del sol levante, dopo aver messo le bombe a Bologna,  ha aperto una serie di ristoranti italiani ed è diventato miliardario ?(con i soldi  dei servizi segreti, cioè i miei). Ho il suo coimputato nel processo, il forzanovista Roberto Fiore, che nel periodo dell’esilio londinese ha fatto palate di soldi con la sua organizzazione di accoglienza degli studenti (fasci) italiani?

Con che coraggio la farnesina avrebbe potuto chiedere al sud africa di distogliere il generale Maletti, il depistatore della strage di Milano, dalle sue incombenze del suo vasto ranch e rientrare in Italia dove l’aspettava una condanna passata in giudicato.

Mentre scrivo penso che dietro tutte queste storie ci sono i corpi e le speranze di trecento donne e uomini, che continuano a vivere tombati dentro i sarcofaghi carcerari. 300 combattenti di una guerra persa ma peggio ancora dimenticata e distorta.  Trecento crocifissi nell’acciaio e nel cemento che non scontano nessuna pena, essi subiscono la vendetta rabbiosa dello stato verso chi ha osato farlo vacillare, metterlo in dubbio prima che in crisi. Cesare, al di la della sua storia, è diventato il simbolo della vendetta, dell’odio profondo che è l’essenza stessa dello stato. Cesare è il simbolo della debolezza dello stato.

Trecento rivoluzionari in galera o a misure restrittive delle libertà personali da oltre trenta anni.

“questi compagni vanno amati, rispettati, LIBERATI”

AccaCiElle


I Black Block non esistono

I black block non esistono più. Di più in Italia non sono mai esistiti. Sono una pratica politica e una tecnica militare nata in Germania  negli anni ottanta sviluppata negli stati uniti e che ha avuto il suo massimo di esposizione mediatica durante le contestazioni al G 8 di Seattle nel 1999.

Può far  comodo alla destra italiana evocarne gli spettri immaginare cupole direttive di immaginari professionisti della violenza, costruirne teoremi che in linea diretta fanno discendere questi odierni cavalieri dell’apocalisse dalle BR a Bersani. E a organizzarne la repressione. Non è perché è criminalmente passato il teorema Calogero nel 1979 possa ora apparire credibile una tale favolistica teoria del complotto, nemmeno ad una casta giudicante servile e a tratti lisergica come quella attuale.

Altrettanto favolistica e autistica  ne è l’interpretazione-scappatoia degli “infiltrati che creano violenza” per oscurare la manifestazione dei buoni e puri che tutti in fila e ordinati reclamano i giusti diritti.  Anche questo è un armamentario teorico (in gran voga nel PCI) che non trova riscontro nei fatti. Sbirri mascherati ce n’erano come ci sono sempre stati ma non erano assolutamente loro a gestire le dinamiche di piazza. La Turco e tutta la antica accozzaglia non si stracci le vesti come una escort belusconiana qualsiasi. Può essere doloroso ammetterlo ma in piazza a Roma si è autorappresentata una generazione e un blocco sociale inedito nelle forme radicale nelle pratiche. Nessuno lo rappresenta. Si rappresenta da sola nelle sue direttive politiche e nelle sue pratiche. Si auto-rappresenta. Ed esprime, rappresenta, un malessere che va oltre la Gelmini, Berlusconi. Mette in discussione critica un intero sistema sociale e di produzione. Manda completamente in palla e smaschera un sistema politico e di rappresentanza. Porta i nodi al pettine. Lo fa con i caschi e i passamontagna. Si coprono il volto per farsi vedere. Per dare visibilità ad una situazione sociale dolorosamente precaria, stuprata nei desideri, rapinata di futuro. Un anelito di speranza li porta ad un passo dai simbolici palazzi del potere e della farsa cosi lontana dalla loro crudele vita materiale. E li rappresentano il loro malessere.

Il potere schiera il tutti i suoi saltimbanchi e ciarlatani e tutti vogliono la “presa di posizione” vogliono la presa di distanza. La lavagna dei buoni e dei cattivi. E’ un gioco antico. Lo conosciamo e sembrano conoscerlo anche la generazione che nasceva mentre noi raccoglievamo i cocci del Muro di Berlino. Non ci stanno e non abboccano. Bersani e tutti i burattini potranno scalare tutti i tetti che vogliono. Li accoglieranno li ascolteranno e poi, giustamente, faranno quello che vogliono.

E ragioneranno insieme, nelle facoltà, nelle fabbriche, nei bar e al centro sociale Rivolta di Mestre il 20 e 21 gennaio. Per dare testa autonoma ad un corpo le cui gambe e braccia hanno gia dato ampia dimostrazione di vitalità. E’ un sogno e lo so. Capace di regalare notti insonni ai potenti. In attesa della prossima eccedenza, compagni, continuiamo a lavorare.

Come il 14 dicembre, può succedere sempre.

AccaCiEllE


A NATALE PUOI…

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ANCONA 4.12.2010 – ACQUA PUBBLICA SENZA SE E SENZA S.P.A.

Mobilitazione nazionale x l acqua pubblica-Ancona


Masdar, già ribattezzata la prima oasi a impatto zero, sarà alimentata per il 100% da

Masdar, già ribattezzata la prima oasi a impatto zero, sarà alimentata per il 100% da fonti rinnovabili ed energia pulita. Il suo nome in arabo significa sorgente, e proprio unasorgente di energia alternativa, vuole essere. I lavori per la costruzione della prima eco-città nel deserto sono già cominciati, ma Masdar verrà inaugurata solo entro il 2020. Tra i tecnici e gli ingegneri che partecipano al progetto ci sono gli esperti del Masdar Institute of Science and Technology e i ricercatori della Mit Universitydegli USA. Per la realizzazione di Masdar, solo una delle Eco-town in costruzione nel mondo, serviranno circa 22 miliardi di euro, ma non ci sono problemi di denaro negli Emirati Arabi Uniti e lo Stato già in passato ha aderito o è stato oggetto di molte iniziative ecosostenibili, come il green hotel di Pamela Anderson, o come ilprogetto PRT, per il Transito Rapido Personale, un sistema di eco-taxi elettrici per garantire lo spostamento nella città e una ferrovia leggera per collegare Masdar all’aeroporto internazionale di Adu Dhabi.


NON FATECI GIRARE LE PALE! – PERGOLA 19.11.10

PERGOLA 19.11.10


NOI E I LAVORATORI IN MIMETICA: LETTERA APERTA AL SINDACO BALDELLI

NOI, GLI ALPINI DI PIANURA,I LAVORATORI IN MIMETICA, IL NOSTRO SINDACO

Che lo creda o no anche noi il 9 ottobre siamo rimasti costernati, come lo siamo sempre quando apprendiamo che quel giorno sono morti dei lavoratori. Sempre e non solo per i fatti manifestamente eclatanti, come quando ascoltiamo che sette operai vengono fritti in una fonderia per permettere ad una multinazionale di risparmiare gli ultimi euro per permettersi di fare cifra tonda ai 3 (tre) miliardi di utile oppure quando un padrone umbro ha l’ardire di chiedere alle famiglie degli operai morti, un risarcimento milionario per i danni del rogo in cui sono deceduti.
Quel giorno altri 4 lavoratori si sono aggiunti alla triste contabilità che ci dice che quotidianamente, in questo paese, crisi o non crisi, quasi tre lavoratori muoiono sul lavoro. Sabati, domeniche, pasque e natali compresi.
4 lavoratori, 4 alpini di pianura, gente del sud povero di questo paese. Gente della piana delle Murge, delle campagne siciliane. Così lontani, per estrazione e cultura, dalle Alpi, cosi prossimi alla miseria. Morti sul quel grande cantiere della ristrutturazione capitalistica che è l’Afghanistan, cantiere su cui lavorano operai di tutto il pianeta. Disoccupati di Liverpool, precari di Londra, migranti latinoamericani che sperano nella “green card” che gli permetta l’agognata cittadinanza statunitense, se escono vivi, da tre anni di macello afgano. E nell’impresa concorrente, oltre che miseri agricoltori pastun, disoccupati del Cairo, abitanti delle bidonville di Damasco. Gente che salta per aria, oltre che per il “paradiso di latte e miele”, più prosaicamente per il vitalizio per i figli e per la vedova. In mezzo qualche milione di vittime. I danni collaterali della democrazia.
Alla fine della guerra, scriveva Brecht, nel paese dei vinti, erano i poveri a fare la fame, esattamente come nel paese dei vincitori. Ma dietro ogni lavoro c’è sempre chi ci specula. Non è un caso che il presidente di quel lontano cantiere è un “padrone”. Fino al 2000 è stato l’amministratore delegato della UNOCAL, multinazionale dell’energia incaricata del gasdotto afgano. Per non parlare degli sciacalli dell’industria di guerra e su chi la finanzia. Magari anche la corporation che smercia i miliardi della fiorente industria dell’eroina, azienda quasi annientata durante il regime dei sagrestani islamici.
Facciamo uno sforzo intellettuale e usciamo dalle ipocrisie. Sciacquiamo bene la bocca dai termini roboanti come democrazia, sviluppo, guerra umanitaria e polizia internazionale. Si sta parlando di dotare di missili gli aerei della missione afgana. Non ho mai sentito una sua proposta per dotare i nostri vigili di lanciafiamme o per le blindature degli scuolabus. Quello che succede tra quelle lontane montagne non ha niente di poliziesco o di umanitario. Proviamo a chiamarlo con il suo nome: quel macello si chiama guerra.
C’è un patto fondante che tiene insieme, nella sostanza, questo paese. E lo tiene unito ben oltre la retorica di una conquista che, centocinquanta anni fa, non ha unito un bel niente. Lo tiene unito su alcuni cardini sui quali, ne siamo certi, siamo la maggioranza concreta nel paese.
“L’Italia ripudia la guerra..” e scende in piazza a milioni ogni volta a ricordarlo alle varie elitè politiche che dominano, in assoluta e autistica autoreferenzialità, alternandosi nella guida della nazione. In Afghanistan c’è una guerra, che ogni cittadino, per costituzione, ripudia.
Lo saprà certamente, ma lo ribadiamo per rinfrescare la memoria dei puristi flagellatori della “Casta”. Ogni lavoratore, su quel lontano teatro, ci costa più di un senatore e le sue auto blu. Come un senato con 4000 onorevoli, mantenuto con i soldi dei sempre più miseri lavoratori italiani. E mettiamoci anche una camera dei 2500 deputati nel sud del Libano e un bel consiglio regionale . balcanico con dentro altri 500 consiglieri tra Kossovo e Bosnia. Vuoi vedere che con tutti quei soldi risparmiati riusciamo magari anche a trovare i finanziamenti per finire i lavori nella ex scuola di Bellisio da dove 5 anni fa un suo predecessore ci ha sgomberati per urgenze restaurative. Magari generano anche quei surplus di bilancio per finanziare un piatto di pasta per i bambini che non possono permettersi la mensa nell’opulento nord.
Massimo onore e rispetto, dunque, per i lavoratori in mimetica morti in Afghanistan. Mettiamo manifesti e scriviamolo sui muri. Dedichiamogli piazze e minuti di silenzio. Facciamolo sempre però, anche per i lavoratori morti nei subappalti dell’alta velocità. Per i migranti che ogni giorno muoiono nei nostri cantieri. Per gli eroi che raccolgono arance per 16 ore a 20 euro al giorno a Rosarno. Lodiamo all’inizio di ogni consiglio comunale patrioticità e senso dell’onore di precari della scuola, degli sfruttati dei call center, degli stagionali della riviera. Per le badanti, per i metalmeccanici, i cassintegrati. Tributiamo loro il giusto riconoscimento, anche economico.
Non scriveremo sui muri “Afghanistan 4 – Italia 0”, non è nel nostro stile. Però ci permetta di pensare che ieri a Roma si è giocato un bel derby democratico (questo si): Marchionne, Sacconi e Gelmini: zero. Lavoratori, precari studenti – un milione!

collettivo squola


Forra della presale II

 
 

Non mi uccise la morte – Download gratuito

 

CITTADINI DI SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE

Si è svolta ad Ancona, dal 24 al 27 giugno, presso la Mole Vanvitelliana, la seconda Festa Nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.
Anche la locale sezione Valcesano, con alcuni dei suoi tesserati, ha preso parte a questa quattro giorni nei quali vecchi partigiani e giovani antifascisti, provenienti dalle Anpi di mezza Italia (Pesaro, Ancona, Macerata, Castelfidardo, Osimo, Brescia, Treviso, Napoli, Firenze, Reggio Emilia, Siracusa e altre),  tra dibattiti, concerti ed assemblee autoconvocatesi , si sono incontrati per ricordare, confrontarsi ed intraprendere nuove forme di resistenza sociale e civile sulla scorta delle lotte e dell’impegno scaturite da quella formidabile stagione iniziata 65 anni fa.
Sessantacinque anni fa, la Resistenza e la lotta di Liberazione, proseguimenti naturali delle lotte antifasciste del ventennio, si liberavano in maniera violenta ma legittima, di un regime dittatoriale e di una sanguinaria occupazione straniera, gettando le basi per la nascita dello Stato democratico e della Carta Costituzionale.
Proprio quest’ultima rappresenta o dovrebbe rappresentare, il condizionale in questo caso è d’obbligo, la carta fondante e fondamentale di un paese in relazione ai rapporti politici, civili e sociali, economici, di tutela ambientale, insomma di tutte quelle norme di comportamento che riguardano la vita ed il modo di agire di un paese moderno e democratico.
Invece come è stato ribadito anche all’interno di questo importante incontro si fa di tutto per svilire e declassare la Costituzione e per piegarla, se non stralciarla, alla mercè di una classe dominante legata sempre più spesso a gruppi e lobby criminali e affaristiche che mirano solamente al profitto e ai propri interessi.
“Nessuno può permettersi di stare a guardare, nessuna conquista è per sempre; c’è sempre qualcuno che intende rinnegarla. Resistere è quindi non solo un dovere, ma una necessità” (Maria Cervi).
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LETTERA APERTA AL COMPAGNO STEFANO RODOTA’..

Sul suo articolo sul milione di firme del referendum dell’acqua pubblica, apparso su "Il Manifesto"
Al mio compagno Stefano e a tutti gli altri
Compagno dall’etimo “colui con cui dividi il pane” in questo caso un pane ideale, politico.
Non stiamo, almeno non il noi del collettivo politico in cui milito, Squola (e quelli della più ampio consesso regionale “le comunità resistenti delle Marche”) cercando di “aprire contraddizioni” ne di pettinare bambole. Noi stiamo in piazza a lavorare e far affollare banchetti perché crediamo sinceramente che questo atto politico sia un gesto di sovversione e disarticolazione del nostro violento presente e costituisca una interessante base, anche queste tutta politica e formidabilmente radicale, per la costituzione di una resistenza costituente per la costruzione di una moltitudine in cammino verso il famoso “altro mondo”, quello non solo possibile ma fortemente auspicabile (e alla svelta!). Siamo troppo stanchi la sera per uscire e attaccare manifesti (beccarci denuncie) fare riunioni, macinare chilometri per costruire riunioni e incontri con gente sensibile dei paesi vicini se non fossi certi della rivoluzionarietà di questo momento.
Questa prima fase sta volgendo al termine ma anche noi stiamo costruendo quella dopo. Quella che permetta di costruire l’attrezzo indispensabile, il grimaldello, capace di scardinare, di liberare le energie sociali annichilite da crisi e anni di studiata strategia bi-partizan che le voleva solo bestie da audience e carnevalate elettorali. Noi vogliamo sfruttare questo tempo per costruire il “soggetto nuovo” di cui parli. Quello che non subisce, ma detta le agende, che non risponde a ordini eterodiretti ma discute in assemblee. Non puoi immaginarti la carica di sorridente sovversività che abbiamo intercettato in questa campagna. Nelle casalinghe, nei ragazzini, negli orantorianti e in quelli equosolidali. Gente capace di mettersi il passamontagna (e “con  gioia”). E quelli che invece, anche no. Tutti comunque fortemente candidati alla costruzione del “soggetto nuovo”. Il soggetto altro, lo lasciamo agli “studiati” il compito di “capirlo”. Noi vogliamo costruirlo con tutta la sua carica di radicalità, autonomia e visionarietà. Insomma vogliamo “assembleare” (fico no questo termine?) uno strumento atto a questi tempi.
E tempo d’estate e in questa “vacanza” ci dedicheremo a questa opera di “costruzione”. Con assemblee, dibattiti, feste, azioni. Lo faremo in questi posti e lo faremo  con i compagni di avventura che hanno portato questa provincia cosi “mediocre” (nel senso di media) ad essere ai vertici nazionali nei ratios delle firme su votanti.
Non insozziamo fedine per liberare spazi pubblici  inutilizzati da anni, per pettinare bambole e farci canne (ma anche si). Lo facciamo per aprire spazi innovativamente pubblici, sociali, capaci di essere humus, ossa, per quello che chiami “soggetto nuovo”.  Per quest’estate l’appuntamento è li, alla Ex Cantoniera   di via molino del signore a Pergola (PU).
Se verrai, come per tutti gli altri, non ti daremo il benvenuto. Da noi non si usa dare il benvenuto a chi è già a casa sua.
Uno tra gli altri
Squola Spa – Pianeta Terra

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PERGOLA (PU), VIETNAM

Ad un primo impatto potrebbe sembrare il set cinematografico di un  un restairling di “apocalypse  now”  o le foci del Mekong nel 1973.  Invece non è ne il napalm ne il noto defogliante cancerogeno “agent orange” con cui le truppe statunitensi sono note appestare le proprie colonie per stanare i “ribelli” dalle jungle,   ma semplicemente  la “scorciatoia” con cui RFI (Rete Ferroviaria Italiana) ha  deciso di fare manutenzione alle linee ferroviarie irrorando la vegetazione prossima ai binari con defoglianti e diserbanti.  Non è solo l’aspetto che presenta la vegetazione dopo il trattamento (perdita completa di foglie, ingiallimento dell’erba e i rami che appaiono bruciati – vedi foto) a ricordare le risaie vitnamite “trattate” ad “agente orange” ma anche una delle componenti del diserbante-defogliante utilizzato: il “glyphosate”.

RFI (ammesso e non concesso che confermi l’utilizzo) non sarebbe ne la prima ne l’unica amministrazione ad impiegare in maniera massiccia l’uso del GLYPHOSATE  nonostante le proteste e le interpellanze verbali e scritte nei consigli delle regioni Toscana, Sardegna, Val d’Aosta e Sicilia .  Nonostante le proteste ANAS e le amministrazioni provinciali,  per i tratti stradali di propria competenza, continuano pratica del controllo della vegetazione di prossimità delle sede stradali  mediante l’indiscutibilmente economico sistema dell’erogazione di defoglianti.  Nonostante la varietà di nomi commerciali in genere i prodotti utilizzati per queste pratiche di controllo della vegetazione si basano tutti   sul  Glyphosato e nella media sono sotto brevetto da parte della multinazionale statunitense della modifica genetica Monsanto, giornalisticamente nota per aver falsato gli studi sull’impatto ambientale.  Il Glyphosate, inoltre, seppure in basse concentrazioni, ha comprovati effetti nocivi sia sugli animali che sulle persone (le quali lo assumono anch’esse col contatto alimentare).
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Welcome. Indietro non si torna

Welcome. Indietro non si torna!

Per una giornata internazionale di lotta in difesa del diritto
d’asilo e contro tutti i respingimenti Manifestazioni congiunte nei
porti dell’Adriatico, Venezia, Ancona, Bari e in quelli di Igoumenitsa
e Patrasso in Grecia

Ancona – Porto Aperto

Programma delle iniziative che si svolgeranno sulla banchina 14

Ore 11.00

Conferenza stampa creativa

Ore 19.00

Intervento di apertura della giornata di mobilitazione contro tutti i respingimenti a cura dell’Ambasciata dei Diritti Marche.

Intervento sulla situazione del porto di Ancona ad un anno dalla
richiesta di abbattimento delle reti. Il punto sulla campagna di
raccolta firme per la riapertura del porto, proposte da condividere a
cura dell’Osservatorio Faro sul Porto

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Facciamo Pulizia (senza polizia..) e “Quello che abbiamo in comune”

Dal Diario di Bordo dell’astronave squolare..anno sesto dell’Odissea negli Spazi (negati).
Sabato 6 giugno – anno secondo della crisi globale.

I cosmonauti degli spazi negati conquistano  il pianeta casa cantoniera pulizia alla cantoniera 5 giugno 2010(abbandonato dal 1994) e armati di attrezzi da pulizia, capitanati dall’amazzone sub comandante Barbara al grido “ Portate la scopa e prendete il secchiello/ pulizia alla cantoniera 5 giugno 2010occupate la Cantoniera e pulite con quello!”, dopo un breve scontro con i temibili “burocrates” della Provincia, hanno iniziato a rendere agibile lo spazio promesso fin dal 2008 e mai concesso.

DOMENICA 13 giugno ’10 “Quello che abbiamo in COMUNE”
PolyArt – Stand del Baratto
ore 16.00 – Incontro Comitato H2O Valcesano discussione sui risultati ottenuti dalla raccolta firme pre-referendum e calendarizzazione prossimi eventi

ore 17.30 – LO STATO DELLA GOVERNANCE intervento di Paolo Cognini _ Comunità Resistenti delle Marche – avvocato dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigpulizia alla cantoniera 5 giugno 2010razione

Note attorno a crisi e Stato, comune e biodemocrazia
ore 19.30 – aperitivo FREE SPACE

Casa Cantoniera Via Molino del Signore – Uscita Nord Pergola (PU)
Squola Srl (spazio resistente liberato)